Helen Jones è cresciuta a Watts in un’epoca segnata dalle guerre tra bande e dall’epidemia di crack, quando la polizia usava gli arieti per abbattere le porte delle “case della droga” e i neri venivano regolarmente fermati e picchiati dai poliziotti per strada. Oggi come allora, la sua vita è segnata dalla violenza. Nella primavera del 2020 il nipote è stato ucciso mentre era in casa. L’anno prima il fratello era rimasto ferito in una sparatoria. Nel 2009 suo figlio è morto in prigione. Secondo le autorità si è suicidato, ma Jones è convinta che sia stato assassinato dai vicesceriffi.

Nel 2020, dopo l’uccisione di George Floyd a Minneapolis e l’inizio delle proteste antirazziste in tutti gli Stati Uniti, la proposta di Jones di ridurre la presenza della polizia nei quartieri e di investire di più nei programmi per le comunità è diventata la rivendicazione di un intero movimento.

Oggi a Los Angeles e in altre città i crimini sono in aumento, e le amministrazioni locali si chiedono se sia veramente il caso di ripensare la sicurezza pubblica e d’indirizzare verso i servizi sociali i fondi destinati all’attività di polizia. “Non mi interessa quanto sia grave la situazione. Abbiamo bisogno di alternative per aiutare le persone, non vogliamo che mandino più poliziotti in giro”, ha detto Jones, 56 anni, durante un incontro con altri attivisti di Los Angeles. Ma è esattamente quello che sta succedendo.

Un anno fa nelle strade risuonavano gli slogan per chiedere il taglio dei fondi destinati alle forze dell’ordine. La richiesta era stata accolta dall’amministrazione della città, che aveva deciso di tagliare 150 milioni di dollari per il dipartimento di polizia, circa l’8 per cento del bilancio. Ma la settimana scorsa il comune ha stanziato risorse per permettere al dipartimento di assumere 250 nuovi agenti. Questa scelta avrà un impatto soprattutto nella zona sud di Los Angeles, dove storicamente i residenti sono colpiti in modo sproporzionato sia dalle violenze della polizia sia dalla criminalità delle bande armate, e dove ultimamente c’è stato un aumento delle sparatorie. Già nei giorni scorsi i poliziotti hanno fatto più pattugliamenti e più perquisizioni delle auto alla ricerca di armi.

Secondo alcuni leader politici locali, questo giro di vite è necessario, vista l’impennata di crimini violenti in città (gli omicidi sono aumentati del 36 per cento) e considerata l’invasione di nuove armi da fuoco. “Abbiamo perso più di dieci anni di progressi”, ha dichiarato Michel Moore, il capo della polizia di Los Angeles, riferendosi al fatto che prima della pandemia la criminalità era in forte calo. “Non nego che ci siano grandi problemi irrisolti, sul tema degli alloggi, dell’istruzione, dell’abuso di sostanze e del razzismo”, ha detto Moore a proposito delle rivendicazioni dei manifestanti. “Ma la soluzione non è eliminare la polizia”.

La stessa tendenza emerge in tutto il paese. In molte grandi città la criminalità è in forte crescita, e questa situazione mette sotto pressione gli amministratori di sinistra che cercano di trovare un equilibrio tra le richieste degli attivisti e le preoccupazioni dei residenti sulla sicurezza. A New York il tema sta monopolizzando il dibattito in vista delle elezioni per il sindaco. Anche le città più piccole si trovano in una situazione simile: nel 2020 a Louis­ville, in Kentucky, ci sono stati 173 omicidi, il dato più alto di sempre, e nel 2021 il dato potrebbe essere ancora più alto.

Targa sospetta

I criminologi e i rappresentanti delle forze dell’ordine sostengono che questa dinamica ha due cause: da una parte gli acquisti record di armi e la circolazione delle “pistole fantasma”, armi assemblate da parti comprate online e impossibili da rintracciare; dall’altra la crisi sociale ed economica causata dalla pandemia. In ogni caso, anche se il numero di omicidi commessi a Los Angeles nel 2020 è il più alto da dieci anni (350), siamo ancora lontani dalla situazione dei primi anni novanta, quando c’erano più di mille morti violente all’anno. Altri crimini, tra cui stupri e rapine, sono in calo.

Da sapere
Strade violente
Aumento degli omicidi nel 2020 rispetto al 2019 in alcune città degli Stati Uniti, percentuale (Fonte: Jeff Asher)

Gli attivisti che sono scesi in strada contro la polizia possono rivendicare una serie di vittorie. A Los Angeles, per esempio, è stato eletto un nuovo procuratore distrettuale che ha promesso di perseguire le violazioni commesse dagli agenti e ridurre il numero di condanne detentive, e ha approvato un provvedimento per destinare molti milioni di dollari all’anno ai programmi alternativi al carcere. Ma gli attivisti sono preoccupati, perché temono che l’aumento delle sparatorie impedirà di ripensare la sicurezza pubblica.

Quest’anno il dipartimento di polizia di Los Angeles ha inviato un’unità speciale nell’area sud della città. Gli agenti sono stati accusati di essersi comportati in modo razzista e di aver causato scontri a fuoco mentre davano la caccia ai membri delle gang. “Perquisiscono la gente in macchina”, dice Marqueece Harris-Dawson, un nero che rappresenta la zona nel consiglio comunale. “Individuano un’area, decidono che lì ci sono molte sparatorie, fermano tutti e cercano armi nelle automobili”. Dice che gli automobilisti sono fermati per motivi “pretestuosi”, e gli agenti approfittano di piccole violazioni, come una luce di posizione che non funziona, per perquisire le macchine. È una strategia legale, ma ha provocato scontri violenti tra gli agenti e i cittadini.

Harris-Dawson è cresciuto nel sud di Los Angeles. Racconta di essere stato fermato molte volte dalla polizia, anche dopo essere entrato al consiglio comunale. Una sera del 2020, mentre tornava da una partita dei Lakers, un agente lo ha fermato nel suo quartiere perché si era insospettito vedendo la targa governativa. “Il ragionamento era: ‘Cosa ci fa una targa del governo in questa zona? La macchina deve essere rubata’”. Secondo Harris-Dawson, l’aumento della criminalità non dovrebbe essere un pretesto per mandare più poliziotti nelle strade ma un motivo in più per riformare la sicurezza pubblica. È favorevole alla creazione di unità disarmate per affrontare le crisi legate ai disturbi mentali e propone di togliere ai poliziotti il compito di fare controlli stradali.

Negli ultimi decenni nel sud di Los Angeles il tasso di criminalità complessivo è precipitato e i rapporti tra gli agenti e le comunità nere e ispaniche sono migliorati. Questo soprattutto grazie alle riforme introdotte dopo le rivolte del 1992, causate dall’assoluzione dei poliziotti che avevano picchiato selvaggiamente il tassista afroamericano Rodney King.

Nel 2020, mentre la protesta si diffondeva nel paese, i leader politici della città paragonavano spesso la situazione attuale a quella degli anni novanta, quando venne alla luce il profondo razzismo della polizia locale. Molti continuano a farlo oggi, ma nel frattempo è emersa una spaccatura generazionale. Oggi i giovani attivisti di Black lives matter parlano di abolire o tagliare i fondi della polizia e non, come proponevano gli attivisti trent’anni fa, collaborare con i dipartimenti. Dopo la crisi del 1992 alcuni ex esponenti delle bande di Los Angeles si impegnarono per portare la pace in città, spesso collaborando con una nuova forza di polizia dedicata al “servizio della comunità”, i cui agenti cercavano di stabilire un legame con i residenti dei quartieri.

Questo sembra essere l’approccio del sindaco Eric Garcetti, che ad aprile, parlando dell’aumento degli omicidi, ha detto: “Se volete abolire la polizia, state parlando con il sindaco sbagliato”. Garcetti ha proposto di aumentare il budget per il dipartimento, facendo infuriare gli attivisti. Ma tutti in città sperano che la situazione cambi con la fine dell’emergenza sanitaria: i parchi e le scuole riapriranno e ricomincerà il lavoro di mediazione con le gang, e a quel punto la criminalità tornerà a diminuire. Questo darebbe agli attivisti un margine per chiedere cambiamenti più radicali nell’attività di polizia.

Jones, che lavora per l’organizzazione Dignity and power now, ha deciso di dedicare tutte le sue energie al movimento, spinta dalla morte del figlio. Per quell’episodio ha ottenuto un risarcimento di 2 milioni di dollari e chiede l’apertura di un processo penale. A prescindere dai risultati politici, è convinta che quello che è successo nel 2020 abbia almeno modificato il dibattito: “C’è stato un cambiamento nel modo di pensare delle persone, che oggi sono consapevoli di come sono stati trattati i neri e gli ispanici”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati