Berta Cáceres, Isidro Baldenegro, Cristina Bautista, Paulo Paulino Guajajara, María Yolanda Maturana, Homero Gómez. La macabra e lunga lista di attivisti per l’ambiente uccisi in America Latina ha spinto la regione a promuovere un trattato che, per la prima volta, obbliga a proteggerli. Dopo anni di trattative e nonostante l’assenza di paesi importanti come la Colombia, il Brasile o il Cile, l’accordo di Escazú è entrato in vigore il 22 aprile.

Obiettivi ambiziosi

Il trattato potrebbe frenare la spirale di violenza contro gli ambientalisti che ha trasformato l’America Latina nel posto più pericoloso del mondo per chi difende l’ambiente. Ma c’è il rischio che diventi carta straccia se i dodici paesi che l’hanno ratificato, tra cui Argentina e Messico, non adotteranno le misure necessarie per renderlo efficace. In quel caso, dice l’attivista messicana Leydy Pech, il 22 aprile rimarrà solo una data simbolica.

“Ci sono molti interessi in gioco nell’occupazione dei territori dei popoli nativi”, afferma Pech, un’apicultrice maya che nel 2020 ha ricevuto il premio Goldman per l’ambiente. “Non possiamo dire: ora l’accordo c’è e il mio problema è risolto. Dobbiamo lavorare per trasformarlo in realtà”. Pech sa cosa significa quando i trattati e le leggi sono violati impunemente. Nel 2015 la sua battaglia per fermare le coltivazioni di soia transgenica della Monsanto nei campi nel Campeche, in Messico, aveva portato a una vittoria senza precedenti nei tribunali, con la cancellazione dei contratti del gigante agrochimico in sette stati del paese. Ma le coltivazioni continuano illegalmente. “Cos’è andato storto? Potrebbe succedere lo stesso con l’accordo di Escazú”, dice Pech.

In una delle regioni con la maggiore biodiversità del mondo e molti problemi socioambientali, l’accordo di Escazú ha davanti a sé grandi sfide. Un suo obiettivo importante è la protezione degli attivisti per l’ambiente, ma punta anche a ridurre i conflitti chiedendo alle aziende private e ai governi di autorizzare l’accesso alle informazioni e la partecipazione pubblica a ogni progetto che possa avere un impatto sull’ambiente.

Anche se l’applicazione dell’accordo sarà complessa, Pech e le organizzazioni della società civile sono felici che sia stato approvato.

“È una gioia incompleta, in divenire, ma l’importante è che l’accordo sia stato approvato”, dice Astrid Puentes, una delle direttrici dell’associazione interamericana per la difesa dell’ambiente.

Timori e bugie

Se ne parlava dal 2012 e i negoziati sono andati avanti per sei anni. La clausola che impone la protezione degli attivisti, ricorda Puentes, stava per essere esclusa dal testo a causa della reticenza di alcuni paesi. Ma l’indignazione sollevata dall’omicidio di Berta Cáceres in Honduras, nel marzo del 2016,  ha creato la pressione necessaria. Poi il tortuoso percorso per l’entrata in vigore dell’accordo è continuato con le ratifiche nei vari parlamenti.

“I settori industriali e privati hanno fatto pressioni contro il trattato. Si sono dette molte bugie, come il fatto che avrebbe ostacolato lo sviluppo”, racconta Puentes. È successo in Cile, Perù e Costa Rica, che erano tra i promotori del trattato e poi non l’hanno ratificato. Su ventiquattro paesi firmatari, solo dodici lo hanno ratificato in parlamento.

Alicia Bárcena, segretaria esecutiva della Commissione economica dell’Onu per l’America Latina e i Caraibi, ammette che alcune aziende della regione sono preoccupate per l’accordo. “Ma non dovrebbero”, dice, “perché un’economia migliore si costruisce sulla trasparenza, informando la popolazione. Un progetto funziona meglio se è fatto con il consenso delle comunità”.

Tra i paesi rimasti fuori spiccano la Colombia e il Brasile, che sono anche in cima alla lista per numero di omicidi di attivisti per l’ambiente.

Bárcena spera che l’entrata in vigore del trattato di Escazú spinga altri a ratificarlo in futuro e che a poco a poco l’America Latina diventi più sicura per chi difende la sua terra e l’ambiente. ◆ fr

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Questo articolo è uscito sul numero 1407 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati