Il 19 ottobre Carlos Mesa, ex presidente e candidato centrista alle elezioni presidenziali della Bolivia, ha ammesso che dal conteggio veloce dei voti emergeva “una tendenza difficile da invertire”. I dati raccolti dall’istituto Ciesmori suggeriscono che Luis Arce, il candidato del Movimento al socialismo (Mas), il partito dell’ex presidente Evo Morales, ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali del 18 ottobre. Arce avrebbe ottenuto il 52,4 per cento dei voti contro il 31,5 per cento delle preferenze avute da Mesa. Un altro sondaggio, fatto dalla fondazione Jubileo, ipotizza un vantaggio ancora più netto.

“I numeri sono significativi. Avevamo promesso che avremmo rispettato il risultato delle urne sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta. Dobbiamo riconoscere che dalle elezioni del 18 ottobre è uscito un vincitore chiaro, Luis Arce”, ha ammesso Mesa. Poi ha aggiunto che il partito di cui fa parte, Comunidad ciudadana, spera di ottenere risultati positivi in parlamento. Il suo obiettivo, ha detto, è guidare un’opposizione responsabile, per questo nei prossimi giorni seguirà la verifica dei voti del tribunale elettorale, che deve ancora ratificare il risultato.

Luis Arce a El Alto, il 14 ottobre 2020 (Juan Karita, Ap/Lapresse)

Accuse pesanti

Arce, 57 anni, è entrato in politica nel 2006 come ministro dell’economia e delle finanze nel governo di Morales. Prima aveva ricoperto vari incarichi tecnici nella banca centrale boliviana. Figlio di professori di scuola media, ha studiato economia in Bolivia e ha preso un master all’università di Warwick, nel Regno Unito. In campagna elettorale Arce ha posto l’accento sul boom economico della Bolivia durante gli anni di governo di Morales, quando l’indice di povertà, secondo la Banca mondiale, è passato dal 59,9 al 34,6 per cento. Da ministro Arce ha gestito il processo di nazionalizzazione ed esplorazione dei giacimenti di petrolio e gas naturale del paese.

Anche Luis Almagro, il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani (Oas), ha riconosciuto la vittoria del candidato del Mas: “Il popolo della Bolivia si è espresso alle urne. Ci congratuliamo con Luis Arce e David Choquehuanca (candidato alla vicepresidenza), augurandogli di avere successo nel loro lavoro. Sono sicuro che difendendo la democrazia sapranno forgiare un futuro brillante per il paese”, ha scritto Almagro su Twitter.

Nell’ottobre del 2019 l’Oas ha avuto un ruolo importante nell’annullamento delle elezioni presidenziali e nella rinuncia di Evo Morales, che cercava un quarto mandato consecutivo. In una relazione pubblicata a più di un mese dal voto, l’organizzazione aveva scritto che c’erano state “azioni deliberate per manipolare il risultato”, con l’alterazione o la distruzione dei registri elettorali e la falsificazione delle firme. In seguito, un articolo pubblicato dal Washington Post e firmato da due ricercatori del Massachusetts institute of technology (Mit), ha messo in dubbio questa tesi. Secondo John Curiel e Jack R. Williams, ­dell’Mit election data and science lab, non c’era nessuna prova di frode elettorale.

La vittoria di Arce, se confermata ufficialmente, rafforzerà l’immagine di Morales, che oggi è in esilio in Argentina. “Prima o poi torneremo in Bolivia, su questo non c’è dubbio. È solo questione di tempo”, ha detto l’ex presidente in un’intervista il 19 ottobre.

La vittoria di Arce è stata riconosciuta anche da Jeanine Áñez (destra), nominata presidente ad interim della Bolivia dopo la destituzione di Morales. Sui social network il presidente argentino Alberto Fernández ha dichiarato che la vittoria di Arce “non è solo una buona notizia per chi difende la democrazia in America Latina, ma anche un atto di giustizia dopo l’aggressione subita dal popolo boliviano”.

L’ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva si è unito al coro di complimenti: “Mi congratulo con il popolo boliviano, che è stato capace di riaffermare la democrazia. Auguri a Luis Arce e al mio amico Evo Morales, che dopo un anno difficile vede finalmente rispettato il voto popolare. Che la Bolivia torni sul cammino dello sviluppo, dell’inclusione e della sovranità”. ◆ar

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Questo articolo è uscito sul numero 1381 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati