L’11 gennaio in Iran è cominciata una nuova ondata di proteste, dopo che lo stesso giorno Teheran ha ammesso la sua responsabilità nel dramma dell’aereo ucraino abbattuto per errore l’8 gennaio da un missile iraniano. Nello schianto sono morti tutti i 176 passeggeri, in maggioranza iraniani canadesi.

Queste manifestazioni contraddicono le molte analisi secondo cui l’omicidio del generale Qassem Soleimani, compiuto dall’esercito statunitense con un raid a Baghdad il 3 gennaio, avrebbe segnato la fine delle contestazioni che avevano colto alla sprovvista la Repubblica islamica in seguito all’aumento del costo del carburante a novembre. Soffocato dalle autorità al prezzo di centinaia di morti, il movimento aveva messo in luce l’esasperazione di ampi settori della società iraniana nei confronti della dura crisi economica e di quella che viene percepita come un’eccessiva attenzione data alle questioni mediorientali a scapito della giustizia sociale. La repressione delle autorità aveva dimostrato anche l’esistenza di un potente sistema di controllo di internet, con cui erano state tagliate le comunicazioni tra gli iraniani e il resto del mondo.

Dopo la morte di Soleimani, capo della forza Quds (l’unità di élite dei Guardiani della rivoluzione), sembrava che le fratture all’interno della società iraniana fossero state messe da parte. Le folle immense che si sono radunate in tutto il paese per esprimere dolore e rabbia per l’uccisione del generale hanno ricordato da un lato che una parte del paese è sempre fedele al regime in carica e, dall’altro, che è possibile ravvivare il sentimento nazionale anche tra chi disprezza il sistema, quando una potenza straniera attacca uno dei simboli forti della patria. Finora però le vittime di quello che è successo dopo la morte di Soleimani sono soprattutto iraniane. Dopo l’abbattimento “per errore” dell’aereo ucraino appena decollato dall’aeroporto di Teheran, le autorità del paese sono sprofondate in comunicazioni confuse. Inoltre il 7 gennaio una marea umana si è radunata a Kerman, la città natale del generale, per partecipare ai suoi funerali, ma l’omaggio nazionale si è tramutato in un incubo, perché più di cinquanta persone sono morte nella calca.

Il cordoglio e la rabbia

L’ammissione di responsabilità da parte dell’Iran dopo tre giorni di smentite categoriche ha scatenato la collera di una parte della popolazione. Così la sera dell’11 gennaio centinaia di studenti si sono radunati per rendere omaggio alle vittime dello schianto, accendendo delle candele e deponendo dei fiori all’ingresso delle università e di diversi luoghi pubblici di Teheran. Un omaggio che si è rapidamente trasformato in forti contestazioni, alle quali si sono uniti altri iraniani nella capitale e in città come Shiraz, Isfahan, Hamedan e Oroumiyeh. Alcuni video e foto pubblicati sui social network mostrano una folla che grida: “Morte ai bugiardi”, “Morte al dittatore”, “Non avete vergogna”, oppure chiede le dimissioni della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Alcune foto, la cui validità non è stata ancora verificata, mostrano perfino dei manifestanti che strappano i ritratti di Qassem Soleimani.

Da sapere
Individuare le responsabilità

3 gennaio 2020 Un raid statunitense all’aeroporto di Baghdad uccide il generale iraniano Qassem Soleimani, capo della forza Quds dei Guardiani della rivoluzione.

8 gennaio L’Iran lancia dei missili contro due basi militari che ospitano truppe statunitensi in Iraq, senza fare vittime. Poco dopo un aereo ucraino con 176 passeggeri a bordo, appena decollato dall’aeroporto di Teheran e diretto a Kiev, precipita. Non ci sono sopravvissuti. La maggior parte delle vittime sono iraniane canadesi, ma ci sono anche svedesi, britannici e afgani.

11 gennaio Dopo tre giorni di smentite, le autorità iraniane ammettono di aver abbattuto l’aereo “per un errore umano”, denunciando però anche la responsabilità dell’“avventatezza statunitense”. Secondo quanto riferito, il sistema di difesa aerea iraniano avrebbe lanciato un missile dopo aver scambiato l’aereo ucraino per un attacco statunitense. Lo stesso giorno centinaia di persone scendono in strada a Teheran e in altre città per protestare contro le autorità.

14 gennaio In un discorso in tv, il presidente iraniano Hassan Rohani annuncia la formazione di “un tribunale speciale” per condurre un’inchiesta sullo schianto dell’aereo. Durante una conferenza stampa, il portavoce della giustizia iraniana, Gholamhossein Esmaili, annuncia l’arresto di un numero imprecisato di persone nell’ambito delle indagini. Esperti di Canada, Francia, Ucraina e Stati Uniti sono invitati a partecipare all’inchiesta. Lo stesso giorno Francia, Regno Unito e Germania attivano una procedura, prevista dall’accordo sul nucleare iraniano, per costringere Teheran a rispettare i suoi impegni. Al Jazeera


Il potere tenta di contenere le critiche esprimendo rimorso, e insieme di reindirizzare la rabbia della popolazione verso gli Stati Uniti, accusati di essere all’origine delle tensioni tra i due paesi, che hanno portato all’abbattimento dell’aereo. “L’indagine interna delle forze armate ha concluso che purtroppo dei missili lanciati per errore hanno provocato lo schianto dell’aereo ucraino e la morte di 176 innocenti”, ha ammesso il presidente iraniano Hassan Rohani, descrivendo l’abbattimento come un “errore imperdonabile”. Il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif ha espresso “rammarico, scuse e cordoglio”, insistendo sulla responsabilità di Washington, la cui “avventatezza ha causato il disastro”, riferendosi all’omicidio di Soleimani.

In prima pagina
L’aereo abbattuto
Hamshari, Iran. Quotidiano conservatore di Teheran: “Vergogna”. (Arash Khamooshi)
Iran, Iran. Giornale ufficiale del governo: “Imperdonabile”. (Arash Khamooshi)
Etemad, Iran. Quotidiano riformista: “Scusatevi, dimettetevi”. (Arash Khamooshi)

Inoltre le autorità hanno tentato di mettere in dubbio la spontaneità delle manifestazioni fermando per breve tempo l’ambasciatore britannico Rob Macaire, accusato di aver favorito “azioni sospette” nel paese. Per questo il 12 gennaio tra le cento e le duecento persone hanno manifestato davanti all’ambasciata del Regno Unito, nel centro di Teheran, dando alle fiamme una bandiera britannica e chiedendo la chiusura dell’“ambasciata del tradimento”.

Il potere iraniano però è attaccato sia dai conservatori sia dai riformisti. Secondo il New York Times il deputato Hamideh Zarabadi avrebbe insistito sulla necessità di organizzare dei funerali di stato per le vittime della tragedia aerea e di scrivere su ogni feretro la frase “sia maledetta la guerra”, una critica verso l’atteggiamento spavaldo di Khamenei e dei conservatori di fronte all’ipotesi di un conflitto con gli Stati Uniti.

Neppure la stampa risparmia le autorità. Il direttore dell’agenzia ufficiale Tasnim News, Kian Abdollahi, ha definito “catastrofico” il fatto che le autorità hanno cercato di nascondere la loro responsabilità nello schianto dell’aereo, aggiungendo che tutti i funzionari che hanno mentito dovrebbero essere puniti. E, cosa rara, anche la televisione di stato ha citato le manifestazioni e ha riferito che alcuni studenti hanno scandito slogan contro il regime. Il 12 gennaio molte prime pagine dei quotidiani iraniani sono uscite con lo sfondo nero, in omaggio alle vittime. Il quotidiano ufficiale del governo, Iran, ha pubblicato la lista dei nomi dei passeggeri dell’aereo sulla sua prima pagina titolando “Imperdonabile”. “Scusatevi, dimettetevi”, è stato invece il titolo del quotidiano riformista Etemad. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1341 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati