Un affascinante sondaggio pubblicato questa settimana da Variety mostra una tendenza preoccupante per gli appassionati della notte degli Oscar e delle dinamiche hollywoodiane in generale: quasi nessuno ha sentito parlare dei titoli candidati al premio per il miglior film. È una notizia terribile per gli Oscar e per un’industria in difficoltà, ma a lungo termine potrebbe rivelarsi ottima per gli appassionati delle sale cinematografiche.
Secondo il sondaggio effettuato su 1.500 “consumatori attivi d’intrattenimento” da Guts + Data, solo il 46 per cento degli intervistati aveva sentito parlare – non “visto e apprezzato”, e nemmeno semplicemente “visto”, ma solo “sentito parlare” – di Judas and the black messiah di Shaka King. Questo 46 per cento è bastato al film prodotto dalla Warner Bros per risultare il più “conosciuto” tra i candidati.
In fondo alla classifica troviamo Mank, un ritratto dispeptico di Hollywood e della genesi del capolavoro di Orson Welles, Quarto potere, firmato da David Fincher: solo il 18 per cento degli intervistati sapeva dell’esistenza del film.
Questo fenomeno nasce sicuramente dal fatto che il mondo del cinema è stato travolto dall’emergenza sanitaria. Nell’ultimo anno è stato estremamente difficile capire che film uscivano e in quali sale, tanto che molti appassionati hanno semplicemente gettato la spugna. Inoltre bisogna tenere presente che nel periodo preso in considerazione per gli Oscar 2021 sono stati prodotti diversi buoni film ma nessun grande film, e nessun titolo ha suscitato un acceso dibattito. Dunque non c’è da stupirsi più di tanto davanti ai risultati del sondaggio.
Effetti collaterali
In questo contesto non dobbiamo dimenticare che l’ampliamento della lista dei candidati a miglior film non ha prodotto l’effetto che l’Academy of motion picture arts and sciences (Ampas) sperava, cioè aumentare le possibilità di vittoria per i film più popolari, i campioni d’incasso. Dopo il 2008, quando il secondo film su Batman della trilogia di Christopher Nolan, Il cavaliere oscuro, non ha ricevuto nemmeno una nomination, l’Academy ha portato da cinque a dieci il numero di candidati nella categoria. Il risultato è stata la vittoria nel 2010 di un film con uno dei peggiori risultati al botteghino in tutta la storia degli Oscar. Per quanto The hurt locker di Kathryn Bigelow sia valido (personalmente lo ritengo un ottimo film) i 17 milioni di dollari incassati negli Stati Uniti non possono certo essere definiti un successo commerciale.
Il discorso del re di Tom Hooper (che ha vinto nel 2011) e Argo di Ben Affleck (Oscar nel 2013) sono gli unici vincitori del premio dopo la modifica del regolamento ad aver incassato più di cento milioni. Per fare un paragone, la stessa soglia era stata superata da sette dei nove film vincitori dell’Oscar negli anni precedenti alla vittoria di The hurt locker. Naturalmente sarebbe stupido suggerire che il merito artistico di un film sia intrinsecamente legato al risultato del botteghino, ma non è questo il punto. L’aumento delle candidature al premio come miglior film ha accelerato la tendenza di film poco visti a monopolizzare la stagione dei premi, con buona pace del grande pubblico.
Le statistiche compilate da Guts + Data suggeriscono che la nomination all’Oscar non faccia molto per trasformare film semisconosciuti in successi planetari. Il problema è stato sollevato quando la mia collega Alyssa Rosenberg ha scritto che non sarebbe stata una cattiva idea cancellare questa edizione degli Oscar. “Va bene, ma l’esposizione di cui beneficiano i piccoli film di qualità?”, si sono chiesti in molti. Giusto, ma in realtà il film favorito di quest’anno, Nomadland di Chloé Zhao, negli Stati Uniti è disponibile a chiunque abbia una connessione internet, ma solo il 35 per cento dei consumatori attivi d’intrattenimento ne ha sentito parlare, e quelli che lo hanno visto sono ancora meno.
La rivincita delle sale
La natura dei servizi di streaming, con i loro sistemi di cataloghi e suggerimenti, è una variabile interessante da valutare. Ormai Netflix arriva in quasi due terzi delle case degli Stati Uniti, e questo significa che Mank o anche The trial of the Chicago 7 di Aaron Sorkin non solo erano disponibili per milioni di persone, ma in molti casi apparivano automaticamente sul loro schermo quando effettuavano l’accesso a Netflix in cerca di qualcosa da guardare.
Ma allora perché quelli che hanno sentito parlare del film di Sorkin (il 39 per cento) sono più di quelli consapevoli dell’esistenza di Mank? Perché nessuno dei due film ha raggiunto il 50 per cento nel sondaggio di Variety?
Per fortuna, in tutto questo, come ho già accennato, c’è anche una buona notizia, ed è la seguente: Judas and the black messiah è il film più conosciuto. Azzardo un’ipotesi: il primato non dipende tanto dal fatto che il film sia stato trasmesso sulla piattaforma di streaming Hbo Max, che ancora arranca negli abbonamenti, quanto dal fatto che il film è uscito anche nelle poche sale cinematografiche aperte. Significa che il film ha ricevuto una grossa spinta pubblicitaria. Le persone lo hanno visto sui manifesti e negli annunci televisivi. E quindi hanno scoperto che esisteva.
Se i film vogliono mantenere la loro posizione dominante nel mondo della cultura – al momento insidiata dalla tv di qualità, da YouTube e dai videogiochi – l’esperienza in una sala cinematografica è l’unica soluzione. Non esiste altro modo per assicurarsi che un film sia conosciuto, attiri l’attenzione e si trasformi in evento. Nessuno può abbonarsi a tutti i servizi di streaming, ma molte persone vivono vicino a un cinema.
Ora, se volete scusarmi, vado a gustarmi Godzilla vs. Kong sullo schermo più grande che riesco a trovare. Osservare una lucertola prendere a pugni una scimmia è un evento speciale, e come tale andrebbe trattato. ◆ as
Sonny Bunch è un collaboratore del Washington Post, pubblica la newsletter Screen Time e conduce un podcast sull’industria cinematografica di Hollywood.
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Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati