Cecilia, nome comune di animale, è un verme anfibio che non presenta evidenti differenze di genere. Cecilia, nome proprio di persona, è quello che ha scelto un padre per sua figlia. È l’estate dei suoi tredici anni, a Ischia. Cecilia presenta evidenti tratti in comune con una cecilia, tanto che, nella nuova spiaggia che comincia a frequentare, i Maronti, la scambiano per un maschio e lei sta all’equivoco, appropriandosi del nome (proprio di persona) del fratello Luca. Lì conosce Alba, ed è l’inizio di un’altra scoperta. Attende lo sviluppo Cecilia (il fatidico momento in cui tutte ci siamo sentite dire: “Sei diventata proprio una signorina”), e osserva ossessivamente il corpo, proprio e degli altri. Traccia distanze con quello di donne come sua mamma – il cui comportamento appare inspiegabile, a lei e a noi –, con quello sviluppato delle altre ragazze, con quello dei maschi, gli unici corpi che non si portano appresso gli sguardi altrui, la necessità di pudore, la vergogna. Michela Panichi (Napoli, 2000) firma un bel romanzo di formazione, finalista al premio Calvino. La Cecilia ha il ritmo lento che hanno certe estati. Solo a settembre ci si rende conto di come tutto sia cambiato in tre mesi di salsedine, senza che neppure ce ne accorgessimo. Qui invece gli indizi sono disseminati ovunque, spogliando del tutto Cecilia e mettendo sottosopra la sua vita.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati