La presenza ingombrante del viceministro della difesa russo Alexander Fomin alla parata per la giornata delle forze armate birmane a Naypyidaw il 27 marzo ha evidenziato fino a che punto il tumultuoso colpo di stato in Birmania complichi gli equilibri tra le grandi potenze in Asia. La grande visibilità della Russia in occasione dell’evento ha inviato un messaggio chiaro: Mosca vuole essere un protagonista nella regione, anche se soprattutto come venditrice di armi. Allo stesso tempo, però, la partecipazione di Fomin fa prevedere trame di potere per procura che potrebbero alterare la geopolitica della regione, con conseguenze simili a quelle della crisi in Medio Oriente.

Il colpo di stato in Birmania sembra assumere i contorni di un cigno nero geopolitico. La mossa dell’esercito ha spinto la Russia ad agire per ritagliarsi un ruolo in Asia, ha evidenziato la debolezza dell’India come alleato degli occidentali nella regione e ha fatto emergere la Cina come paese chiave per la sicurezza. Le potenze occidentali, dal canto loro, restano emarginate e impotenti mentre cercano in ogni modo di contenere Pechino.

Il fatto che tutti i paesi vicini della Birmania abbiano partecipato alla parata militare, in una capitale isolata e nello stesso giorno in cui l’esercito ha ucciso più di cento civili disarmati, dimostra le crescenti divergenze di strategia tra le grandi potenze della regione in seguito al golpe. L’India è corteggiata dagli Stati Uniti come membro del Quad, una sorta di alleanza militare con l’obiettivo di arginare la Cina. Ma New Delhi, presente alla parata del 27 marzo, non può permettersi di anteporre i valori democratici ai suoi interessi sulla sicurezza al confine orientale, e ha bisogno di mantenere un legame stretto con l’esercito birmano. Anche la Cina è a un bivio. Il colpo di stato ha minato il duro lavoro svolto da Pechino per costruire un rapporto solido con il governo di transizione democratica di Aung San Suu Kyi. Ora l’alleata di Pechino si trova in carcere e gli investimenti per collegare la Cina al mare lungo il cosiddetto corridoio economico Cina-Birmania sono messi a repentaglio da un esercito che mantiene una certa ambivalenza nei rapporti con i cinesi. Per questo Pechino non ha esitato ad appoggiare il leader golpista, il generale Min Aung Hlaing, in occasione della parata. La Cina è fondamentale per la sopravvivenza della giunta militare che, anche se l’aumento dell’instabilità al confine non è l’ideale per Pechino, fa comunque il suo gioco.

Alla parata erano presenti anche i vicini della Birmania come il Bangladesh, il Laos e la Thailandia, naturalmente per difendere i loro interessi di sicurezza ma allo stesso tempo evidenziando quanto la regione sia divisa sul colpo di stato. Gli stati dell’Asean (l’associazione dei paesi del sudest asiatico), infatti, hanno faticato a trovare un consenso su cosa fare per riportare alla calma la situazione. L’Indonesia spinge per un’azione comune, sostenuta da Brunei, Malaysia e Singapore, ma gli stati del continente come Thailandia e Vietnam fanno ostruzionismo sostenendo che il colpo di stato è una questione interna (nonostante il rischio di un enorme afflusso di profughi).

Questa divisione regionale ha rovinato i calcoli geopolitici degli Stati Uniti. L’amministrazione Biden sta infatti cercando di trasformare l’Asean in un efficace bastione contro la Cina, e il colpo di stato in Birmania rappresenta una distrazione dall’obiettivo. La priorità di Washington è rafforzare le alleanze con le grandi potenze: India, Giappone e Corea del Sud. A metà marzo il segretario di stato Antony Blinken e il segretario alla difesa Lloyd Austin sono andati per la prima volta in visita a Tokyo e a Seoul. Il viaggio di Blinken si è concluso con un animato incontro con il ministro degli esteri cinese in Alaska, mentre Austin si è spostato a New Delhi. L’itinerario dei due rappresentanti degli Stati Uniti non ha sfiorato la Birmania e il sudest asiatico. L’incontro in Alaska non ha prodotto alcun comunicato congiunto sulla situazione birmana, un’omissione che non è passata inosservata nella regione. Cosa dire della rilevanza del potere occidentale? Il golpe è arrivato subito dopo che in Europa e negli Stati Uniti si erano messe a punto nuove strategie in cui l’Asia ha un ruolo centrale nella politica estera. Germania, Paesi Bassi e Unione europea stanno cambiando atteggiamento verso la zona dell’Asia-Pacifico, sia per adeguarsi alle nuove realtà nel centro di gravità economico del mondo sia per inserirsi nel progetto di Washington di contenere la Cina.

Le chiavi del paese

Ma il colpo di stato ha evidenziato tutta la debolezza delle potenze occidentali. Gli ammonimenti in videoconferenza e le minacce di sanzioni non hanno intaccato minimamente la determinazione dei generali birmani a schiacciare la resistenza popolare. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu è bloccato perché né la Cina né la Russia intendono permettere un’azione punitiva. In tutto questo nessuno sembra voler riconoscere un governo parallelo in esilio, nel timore di consegnare a Pechino le chiavi del paese.

La crisi in Birmania ha mostrato i limiti delle potenze occidentali in un’epoca di centralità geopolitica dell’Asia che sta rafforzando l’influenza cinese e russa sul continente eurasiatico. Lo storico Alfred McCoy, critico di lunga data delle politiche interventiste statunitensi, ha paragonato gli sforzi di Washington di contenere la Cina al fallimentare tentativo del Regno Unito di prolungare la sua influenza imperiale con il disastroso intervento anglofrancese del 1956 nel canale di Suez. La differenza è che stavolta nessuno sta pensando d’intervenire. Al contrario, i leader golpisti sembrano contenti del sostegno ricevuto dai paesi vicini. E quando il viceministro Fomin ha definito la Birmania un “alleato affidabile”, ha ricordato sinistramente il modo in cui Mosca ha usato la guerra civile in Siria per consolidare la sua presenza in Medio Oriente e poi lanciare una serie di operazioni militari e diplomatiche nella regione. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati