Il 13 febbraio Mario Draghi e i suoi 23 ministri hanno giurato davanti al presidente Sergio Mattarella. Se nel governo le donne sono ancora una volta sottorappresentate (otto a 15), la presenza dei partiti supera le attese: i politici sono 15, i tecnici otto. Draghi aveva ricevuto dal presidente della repubblica il non facile incarico di formare un governo “di alto profilo” che però non corrispondesse a nessuna delle solite “formule politiche”: non un classico governo di coalizione, insomma. Alla fine è riuscito a coinvolgere quasi tutti i partiti rappresentati in parlamento, tranne Fratelli d’Italia, senza però intavolare grandi trattative sulle poltrone e sul programma di governo.

Così, l’ex presidente della Banca centrale europea può ora contare sull’appoggio di tutti i partiti del governo precedente: da Liberi e uguali al Partito democratico, dal Movimento 5 stelle a Italia viva. Ma anche la destra ha una robusta rappresentanza nel governo, non solo Forza Italia ma pure la Lega, che finora si è distinta soprattutto per i toni xenofobi e antieuropei. Tuttavia, negli ultimi giorni Salvini ha compiuto una sorprendente inversione di marcia: ha accantonato la richiesta di elezioni immediate e ha promesso il suo appoggio a Draghi con insolite dichiarazioni di sostegno all’Europa.

Alla fine è riuscito a coinvolgere quasi tutti i partiti rappresentati in parlamento

Insomma, il nuovo presidente del consiglio è riuscito in un difficile esercizio di equilibrismo: affidare le posizioni chiave del suo governo a esperti di fiducia e al tempo stesso accontentare i partiti. I tecnici sono la ministra dell’interno Luciana Lamorgese, che aveva ricoperto la stessa carica nell’ultimo governo Conte; la ministra della giustizia Marta Cartabia, ex presidente della corte costituzionale, e il ministro delle finanze Daniele Franco, finora direttore generale della Banca d’Italia. Anche il nuovo ministero della transizione ecologica sarà guidato da un esperto, il fisico Roberto Cingolani, così come il ministero dei trasporti e delle infrastrutture, che Draghi ha affidato all’ex presidente dell’Istat Enrico Giovannini. Draghi ha assegnato a dei tecnici quasi tutti i portafogli che avranno un ruolo chiave nell’attuazione del piano per la ripresa europeo da 209 miliardi di euro.

Fiducia scontata

Tra i partiti, i cinquestelle sono i più rappresentati, con quattro poltrone nel consiglio dei ministri. Il loro leader Luigi Di Maio ha conservato il ministero degli esteri. La partecipazione dell’M5s al governo Draghi è stata incerta fino all’ultimo, a causa dell’opposizione di una parte del movimento al nuovo presidente del consiglio e ai partiti di destra. Solo l’11 febbraio, con una votazione online, il 60 per cento della base del movimento ha dato il suo assenso. Quanto al Pd, ha tre ministri: oltre alla conferma di quelli della difesa e della cultura, ha ottenuto la nomina di Andrea Orlando al ministero del lavoro. Tre ministeri sono andati alla Lega, non agli estremisti di Salvini, ma a esponenti più moderati come Giancarlo Giorgetti, che guiderà lo sviluppo economico. A Forza Italia tre ministeri (sud, regioni e pubblica amministrazione), ma tutti senza portafoglio. Peggio di tutti ne esce Italia viva, a cui è stata assegnata solo la poltrona per le pari opportunità e la famiglia. Invece Liberi e uguali vede confermato Roberto Speranza alla sanità, ministero strategico nell’emergenza scatenata dal covid. ◆ ma

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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati