Il 25 novembre l’esercito russo ha lanciato una raffica di missili e droni contro Kiev. Nelle stesse ore i funzionari del Cremlino annunciavano che Mosca si sarebbe opposta alle modifiche negoziate dall’Ucraina per aggiornare il piano di pace presentato cinque giorni prima dal presidente statunitense Donald Trump. Secondo il sindaco di Kiev l’attacco ha provocato almeno sette morti e più di venti feriti. L’offensiva russa è arrivata mentre l’amministrazione Trump era impegnata a portare avanti la sua iniziativa diplomatica – avviata il 20 novembre con la presentazione di un piano di pace in 28 punti – per mettere fine a quasi quattro anni di guerra.
Da Ginevra ad Abu Dhabi
Il 25 novembre i funzionari statunitensi e russi si sono incontrati ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per discutere l’accordo, che nella forma iniziale era nettamente favorevole alla Russia, ma che è stato modificato e portato a 19 punti in un incontro a Ginevra tra i rappresentanti di Kiev e di Washington. Gli ucraini hanno lasciato intendere che il presidente Volodymyr Zelenskyj sarebbe disponibile ad andare negli Stati Uniti per concludere l’accordo.
In un intervento sui social media pubblicato il 25 novembre Trump ha dichiarato che restano “solo pochi punti di disaccordo” e che l’inviato speciale Steve Witkoff è pronto a partire per la Russia per incontrare il presidente russo Vladimir Putin a Mosca, aggiungendo che il segretario del dipartimento dell’esercito, Daniel P. Driscoll, vedrà invece i rappresentanti dell’Ucraina.
Poco prima il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov aveva sottolineato che la Russia attendeva la presentazione statunitense della versione “provvisoria” del piano modificato. “Poi vedremo come comportarci”, ha commentato Lavrov al margine di un incontro con il suo collega bielorusso organizzato a Mosca. Lavrov ha precisato che se il nuovo piano dovesse “tradire lo spirito e la sostanza di Anchorage (il riferimento è al vertice di agosto in Alaska in cui Trump aveva sostanzialmente accolto le richieste russe per mettere fine al conflitto) allora la situazione sarà fondamentalmente diversa”. Il ministro degli esteri russo ha fatto capire che Mosca non è disposta ad abbandonare le posizioni massimaliste contenute nel piano iniziale.
Gli alleati occidentali dell’Ucraina che compongono la “coalizione dei volenterosi”, esclusi dal processo della prima stesura del piano, il 25 novembre hanno discusso in videoconferenza il processo di pace e le future garanzie per Kiev. Il tema è uno dei più delicati tra quelli ancora in discussione, insieme alla cessione di territori dell’Ucraina, al ridimensionamento del suo esercito e al possibile ingresso di Kiev nella Nato.
Sotto le bombe
Zelenskyj ha dichiarato che il bombardamento del 25 novembre contro Kiev ostacola gli sforzi di pace. “La notte scorsa la Russia ha lanciato un altro attacco, mentre l’Ucraina lavora senza sosta per fermare lo spargimento di sangue insieme agli Stati Uniti, all’Europa e a molti altri paesi del mondo”, ha scritto il presidente ucraino sui social media.
Nella notte tra il 24 e il 25 novembre anche l’esercito ucraino ha colpito in territorio russo, prendendo di mira la regione meridionale di Krasnodar in quello che il governatore locale Venjamin Kondratiev ha definito uno degli attacchi più intensi del conflitto. Secondo le informazioni russe, tre persone sono state uccise nella regione di Rostov in un’operazione separata.
Dal 19 novembre, quando un attacco russo aveva provocato almeno 39 vittime a Ternopil, nell’Ucraina occidentale, l’esercito di Mosca non lanciava grandi attacchi lontano dal fronte. Tuttavia, nonostante la ripresa dell’attività diplomatica, molti ucraini si aspettavano un bombardamento su vasta scala. “Mi sembra che non siano d’accordo su nulla”, dice Daryj Svitlyj, autista di 22 anni, mentre beve un caffè fuori da un locale di Kiev. “Mi dispiace molto per tutti i ragazzi che sono morti e per quelli che combattono ancora e rischiano la vita”.
Secondo lo scrittore Anatolj Dnistrovyj il meccanismo è sempre lo stesso: gli Stati Uniti fanno pressioni per imporre la loro proposta di pace e subito dopo arriva un attacco missilistico russo. “Con i russi le cose si ripetono all’infinito”, commenta Dnistrovyj.
Intanto, i funzionari statunitensi hanno manifestato un certo ottimismo dopo l’incontro negli Emirati tra Driscoll, che era presente anche al negoziato di Ginevra, e una delegazione russa. “Il dialogo procede, restiamo fiduciosi”, ha dichiarato il portavoce di Driscoll, il tenente colonnello Jeff Tolbert. Anche la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha riferito che l’Ucraina e la Russia si stanno avvicinando a un accordo: “Esistono ancora dettagli delicati – ma non insormontabili – che bisognerà discutere e che richiedono ulteriori trattative tra Ucraina, Russia e Stati Uniti”, ha scritto sui social media.
Gli alleati europei dell’Ucraina hanno ribadito di voler avere voce in capitolo
La sera del 25 novembre i funzionari ucraini hanno adottato un tono altrettanto positivo, sottolineando però che la trattativa è ancora in corso e che non è stato ancora raggiunto un accordo.
Rustem Umerov, consulente per la sicurezza nazionale di Zelenskyj, ha dichiarato sui social media che le delegazioni di Stati Uniti e Ucraina hanno “trovato un’intesa sui punti fondamentali discussi a Ginevra” e che Zelenskyj è pronto ad andare negli Stati Uniti per finalizzare l’accordo.
Anche Oleksandr Bevz, presente nella squadra dei negoziatori ucraini, ha affermato che il dialogo di Ginevra è stato “inaspettatamente costruttivo su entrambi i fronti” e che gli statunitensi sono stati “molto ricettivi verso le argomentazioni ucraine”.
Secondo l’analista politico ucraino Vitalij Portnykov, il piano iniziale degli Stati Uniti nasceva da un “fraintendimento” della Casa Bianca a proposito degli obiettivi russi. Portnykov ha sottolineato che la Russia mette gli obiettivi politici e territoriali davanti a quelli economici e che quindi i tentativi di interrompere la guerra offrendo incentivi finanziari saranno inutili. “Trump pensa in modo razionale”, ha aggiunto l’analista, “ma la logica non serve davanti all’irrazionalità degli interlocutori al Cremlino”.
Le pressioni di Washington
Per quanto riguarda il bombardamento del 25 novembre su Kiev, Zelenskyj ha dichiarato che nella capitale sono stati presi di mira soprattutto edifici residenziali. I missili e i droni russi hanno colpito anche le regioni di Odessa, Dnipro, Charkiv, Černihiv e Čerkasy. “Gli obiettivi principali erano le infrastrutture energetiche e tutto quello che serve a rendere possibile la vita quotidiana”, ha aggiunto Zelenskyj.
Gli alleati europei dell’Ucraina, esclusi dalla stesura della prima bozza, hanno ribadito di voler avere voce in capitolo. “Le decisioni che riguardano gli interessi dell’Europa e della Nato dovrebbero ricevere l’approvazione dei partner europei e degli alleati atlantici”, ha detto Emmanuel Macron. Il presidente francese ha accolto con favore le ultime trattative, annunciando che “finalmente c’è la possibilità di fare progressi verso una pace accettabile. Allo stesso tempo, però, le condizioni per raggiungerla devono comprendere una serie di garanzie di sicurezza concrete, non solo sulla carta”, ha aggiunto Macron. “Già in passato l’Ucraina ha ricevuto promesse che sono state spazzate via dalle aggressioni russe”.
Gli ucraini, peraltro, sono infastiditi dai tentativi dell’amministrazione Trump di fare pressione su Kiev affinché accetti un accordo. “Se vuoi ottenere una pace, anche imperfetta, non devi dare un ultimatum alla vittima, ma fare pressione sull’aggressore”, sottolinea Jaroslav Jurčyšyn, parlamentare del partito di opposizione Holos. “In ogni caso è difficile non sperare nella fine della guerra. Ovviamente tutti noi ucraini vorremo che si concludesse al più presto”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1642 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati