“Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia”, ha detto il ministro dell’interno francese Gérald Darmanin in un’intervista prima della sua visita a Roma del 18 settembre. In questa frase ci sono tante cose che non vanno: se i migranti arrivano in Europa, allora sono già ripartiti in Europa, semplicemente sono mal ripartiti, perché sono in un unico paese, anzi, in un’unica isola; i migranti non “arrivano” in Europa, ma sono costretti a fuggire da campi di concentramento, clima estremo, colonialismo di ritorno. Ma, soprattutto, l’errore di giudizio è di Darmanin e di molti altri: non vedono che queste migliaia di ragazzi e ragazze sono i “nuovi barbari” di cui parla Toni Negri in Impero, che come altri animali – nel senso più nobile del termine – ci stanno facendo notare che il modello di stato nazione funziona sempre meno, che non c’è Frontex che regga davanti alla disperazione. E che anche per gli esseri umani vale la legge dell’animalità più potente: siamo vivi perché siamo in movimento e perché questo movimento, nostro malgrado forse, ha una forza incontrollabile e testarda. Non è che i migranti non vanno ripartiti in Europa perché l’Europa funziona diversamente, come dice Darmanin, ma perché l’Europa come la volevano Immanuel Kant o Edmund Husserl proprio non esiste più: è fallita. Al grido di “aiutiamoli a casa loro” non sarebbero esistiti neanche la Magna Grecia o l’Impero romano, che hanno generato l’Europa. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati