Aveva i piedi piccoli e portava il 36 di scarpe. Non superava il metro e sessantadue di altezza. Il giorno del suo matrimonio dissero che aveva l’aspetto di una bambina, e in un certo senso era una bambina. Data in sposa a 14 anni a un goffo adolescente che aveva appena conosciuto, fu incoronata regina a 18 anni e poi ghigliottinata a 37. Presente al suo matrimonio, la duchessa di Northumberland raccontò che Maria Antonietta aveva “la pelle chiara e un po’ segnata dal vaiolo” e indossava “moltissimi gioielli”. Più che i suoi oggetti, però, è un quadro della sua reale personalità ad animare Marie Antoinette style, magnifica mostra al Victoria and Albert Museum, la prima nel Regno Unito a essere completamente dedicata alla giovane austriaca che sposò un inadeguato (e cornuto) re francese.
Il naso e il corsetto
All’ingresso, un ritratto della giovane Maria Antonietta prende vita grazie alla grafica computerizzata. Così possiamo apprezzarne il naso bulboso, le labbra rosee e gli occhi leggermente sporgenti. I busti di porcellana danno un’idea delle fattezze del suo corpo. Nei dipinti la vediamo crescere e sfiorire, allattare, chiacchierare con il marito mentre una parrucchiera si prende cura della sua parrucca. Un corsetto costellato di punture di spillo è evidentemente congegnato per allargarsi e restringersi a ogni gravidanza. Ne ammiriamo anche la grafia armoniosa nelle lettere indirizzate al conte svedese Fersen, forse un suo amante. E l’ultima annotazione nel suo libro di preghiere, scritta alle 4.30 del mattino il giorno della sua esecuzione, nel 1793, recita: “Signore abbi pietà di me. I miei occhi non hanno più lacrime da piangere per i miei poveri figli. Addio, addio!”
Vale la pena di ricordare che durante il processo a suo carico il figlio di otto anni fu costretto ad accusarla di abusi sessuali. Nonostante tutti i gioielli che le accarezzavano la pelle – in mostra ci sono tanti pendenti di perle e braccialetti di diamanti – ciò che ci avvicina di più a questa donna sono il movimento della sua mano sulla pagina o gli abiti semplici che indossò negli ultimi giorni.
La mostra è curata da Sarah Grant, che si è occupata anche di quello che sarà il catalogo più sontuoso dell’anno, con saggi di Antonia Fraser e lettere d’amore firmate da Sofia Coppola e Manolo Blahnik, che ha cucito a mano le scarpe indossate da Kirsten Dunst nell’eccentrica biografia girata da Coppola nel 2006. La mostra contiene esempi sbalorditivi della moda dell’élite settecentesca: sete intrecciate, abiti ghirlandati, mantelli da viaggio in cui il cappuccio o le maniche possono essere rimossi, sciarpe di satin per trasmettere messaggi segreti.
La famosa vestaglia en chemise, così simile a una camicia da notte, fatta di una mussola tanto economica da aver provocato una rivolta dell’industria della seta francese, è ancora oggetto di discussione. È possibile che Maria Antonietta indossasse indumenti intimi che rivelavano troppo la sua anatomia?
I pettegolezzi insinuavano che fosse vestita così mentre era a letto con donne e uomini nel Petit Trianon. La curatrice sottolinea che senza Maria Antonietta probabilmente oggi non ci sarebbe alcuna passione per lo stile cottagecore.
Le scarpe della regina s’impongono per quantità su tutti gli altri indumenti, anche perché molti dei suoi vestiti furono regalati o venduti mentre era ancora in vita per risanare le sue finanze. Dopo la sua decapitazione, quasi tutti quelli rimasti furono distrutti o rubati. I sabot di seta rosa decorati con perline di vetro hanno un aspetto incredibilmente contemporaneo. Lo stile preferito di Maria Antonietta era il Saint-Huberty, dal nome di una cantante d’opera, con tacchi alti cinque centimetri. Nel 2012 un paio di scarpe a strisce rosa e verdi sono state vendute per una somma da record a Parigi: reliquie senza prezzo per i fedeli della regina.
Simboli di decadenza
Alla fête de la fédération del 1790 la regina indossò sabot tricolori (azzurro, bianco e rosa), nel tentativo di “accreditarsi” nella celebrazione per l’anniversario della caduta della Bastiglia. Anche in prigione riusciva a ordinare scarpe di taffetà viola o seta verde acqua (in mostra come testimonianze di speranza insensata ed esorbitante privilegio).
La chemise che Maria Antonietta indossò in prigione è fatta con lenzuola riciclate. Un’altra reliquia. Si dice che la regina portasse scarpe nere il giorno della decapitazione, ma quando il suo corpo è stato esumato nel cimitero della Madeleine, nel 1815, non sono state ritrovate. I resoconti dell’epoca raccontano che si avvicinò al patibolo con passo leggero.
Dopo la sua morte Parigi impazzì per gli strangolini rossi che simboleggiavano il taglio della ghigliottina sul suo collo e per la pettinatura a porcospino che imitava la sua capigliatura rasata: la coiffure à la guillotine. Se davvero la “regina della moda” voleva essere ricordata per il suo stile, si può dire che ci è riuscita anche nella morte. Ma forse è proprio lo stile che l’ha spinta verso il patibolo. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1634 di Internazionale, a pagina 87. Compra questo numero | Abbonati