Dopo due giorni di ostilità, Israele e Hamas si sono lanciati in una guerra aperta. Almeno 56 palestinesi e sei israeliani sono morti a causa delle circa cinquecento operazioni dell’aviazione israeliana e del lancio di mille razzi da parte delle milizie palestinesi. L’intensificarsi dello scontro, cominciato il 10 maggio dopo il lancio di razzi contro Gerusalemme, si è evoluto in una guerra generalizzata, con pesanti bombardamenti da parte dell’esercito israeliano, la distruzione di edifici con i missili e omicidi mirati d’importanti figure delle milizie Hamas e Jihad islamica. Almeno cinque comandanti sono morti nel corso dell’offensiva aerea. Il governo israeliano ha dichiarato lo stato d’emergenza nella città di Lod, a quindici chilometri da Tel Aviv, dopo le proteste della minoranza araba contro l’intervento militare.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha invitato l’esercito a “far pagare il prezzo del suo sangue” per gli attacchi contro Israele, mentre il leader di Hamas Ismail Haniya, in un comunicato diffuso il 12 maggio, ha esortato tutti i palestinesi a partecipare a una crociata per Gerusalemme. La retorica bellica lascia pensare che le ostilità continueranno per giorni, senza alcuna prospettiva di una tregua nonostante i tentativi di mediazione internazionale, soprattutto da parte di Egitto, Qatar e Nazioni Unite.

Vita paralizzata

Secondo l’ultimo bilancio del ministero della salute di Gaza, aggiornato al tardo pomeriggio del 12 maggio, nella Striscia sono morte 56 persone, tra cui 14 minori e cinque donne. L’offensiva israeliana ha anche provocato il ferimento di quasi trecento persone.

Nella mattinata del 12 maggio più di duecento razzi sono stati lanciati dalla Striscia verso il sud di Israele, su città come Beersheba, e nella zona centrale, intorno a Tel Aviv. A Lod, nel centro del paese, hanno perso la vita un uomo di 52 anni e sua figlia di 16, quando un razzo ha colpito la loro casa. Tra le vittime ci sono anche una donna indiana di 32 anni e l’anziana che accudiva, uccise da un razzo palestinese nella città di Ashkelon, vicino al confine con la Striscia. Lo scudo antimissile israeliano Iron dome (Cupola di ferro) ha intercettato diversi attacchi.

Le forze armate israeliane hanno schierato battaglioni di fanteria e carri da combattimento nelle zone di frontiera con l’enclave palestinese. Più di tremila riservisti sono stati mobilitati dal comando della divisione sud, che opera nella regione, per assistere le unità da combattimento con servizi d’intelligence. Il capo di stato maggiore, il generale Aviv Kochavi, ha autorizzato ad agire per uccidere i comandanti delle milizie palestinesi.

Il 12 maggio, ultimo giorno di Ramadan, il mese sacro per i musulmani, nella Striscia di Gaza la vita quotidiana era paralizzata. Gli abitanti aspettavano gli avvertimenti dell’esercito israeliano sui bombardamenti di edifici o di postazioni della guerriglia islamica. L’11 maggio sono stati distrutti diversi edifici, tra cui un palazzo di tredici piani che ospitava una sede di Hamas. Gli avvertimenti ai civili sono arrivati un’ora prima degli attacchi. Secondo le informazioni diffuse dall’esercito israeliano, l’aviazione ha colpito le abitazioni del comandante di Gaza, Basa Misa, del comandante di Khan Yunis, Rafah Salameh, e del capo dello spionaggio della milizia, Muhammad Yizuri.

Nel sud e nel centro di Israele, dove durante la notte sono cadute decine di razzi, un milione di alunni ha dovuto sospendere le lezioni in presenza. Nel frattempo la protezione civile ha ordinato a tutti gli abitanti della regione, oltre la metà della popolazione del paese, di restare in casa e vicino ai rifugi antiaerei.

Stato di emergenza

La crisi si è allargata alla Cisgiordania, dove ci sono stati scontri con l’esercito nei posti di blocco di frontiera, e per la prima volta anche ad alcune città israeliane con una popolazione a maggioranza araba. È il caso di Lod, dove gli scontri tra ebrei e arabi hanno causato almeno una vittima. Il governo d’Israele ha dichiarato lo stato d’emergenza in città. Negli scontri con la guardia di frontiera (un corpo militare inviato per rafforzare la sicurezza) sono rimasti feriti dodici manifestanti. Il conflitto ha colpito anche le infrastrutture di base, come l’aeroporto internazionale Ben Gurion, a sud di Tel Aviv, e l’oleodotto Eilat Ashkelon.

L’ondata di violenza che ha raggiunto anche Gaza, colpita da tre guerre devastanti da quando Hamas ha preso il potere nel 2007, ha travolto Gerusalemme durante il mese di Ramadan, cominciato il 12 aprile. Qui più di trecento palestinesi sono rimasti feriti il 10 maggio negli scontri con la polizia vicino alla moschea Al Aqsa. Oltre alle proteste per le barriere piazzate dalla polizia alla porta di Damasco, principale via d’accesso al quartiere musulmano della città vecchia, all’origine della violenza c’è la risposta della polizia alla mobilitazione per fermare le espulsioni di alcune famiglie palestinesi da Sheikh Jarrah, un quartiere di Gerusalemme Est. Un’associazione di coloni di estrema destra aveva portato la questione in tribunale, ma l’udienza della corte suprema è stata rinviata. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati