Per il governo messicano la campagna vaccinale è un’occasione per riscattarsi dopo gli errori commessi durante la pandemia. Con più di 150mila morti accertati, la gestione dell’emergenza covid-19 da parte del governo di André Manuel López Obrador (centrosinistra) non offre molti motivi di orgoglio. È vero che per gli alti livelli di diabete e obesità il Messico era destinato a essere uno dei paesi più colpiti. Ma resta comunque il dubbio: quante vittime si sarebbero potute evitare se i responsabili nel governo non avessero trascurato l’uso delle mascherine e i tamponi, o se avessero promosso una strategia per collaborare con altri enti e con i privati nella lotta alla pandemia?
In questo momento la vera sfida è vaccinare la popolazione nel minor tempo possibile. È una questione di vita o di morte per molti messicani. Si apre una seconda fase, decisiva quanto quella precedente, se non di più.
Finora il poco che sappiamo sul piano vaccinale presentato dalle autorità si presta a delle critiche. Nulla da obiettare sull’ordine di accesso al vaccino: prima il personale sanitario poi le altre categorie in base all’età, dando la precedenza agli anziani e a chi ha delle patologie. Quasi tutti i paesi hanno adottato criteri simili. Invece non convince del tutto il piano logistico per vaccinare in massa la popolazione. La strategia, ha detto López Obrador, è formare diecimila brigate, ciascuna composta da dodici persone: quattro che lavorano in programmi sociali, due sanitari, quattro membri delle forze armate e due volontari. Quindi solo due persone su dodici sarebbero in grado di somministrare il vaccino.
Qualche giorno fa il quotidiano Reforma ha pubblicato due foto che mettono a confronto le strategie di vaccinazione in Messico e negli Stati Uniti. Nella prima un’infermiera vaccina una persona mentre otto stanno a guardare; nella seconda otto infermiere iniettano simultaneamente il vaccino a otto pazienti. Anche se è un’immagine isolata e siamo appena agli inizi del processo, la foto mette in guardia su un rischio reale. Brigate con due “vaccinatori” accompagnati da altre dieci persone si giustificano solo se devono raggiungere luoghi remoti o pericolosi. Ma circa il 70 per cento della popolazione messicana vive in località con almeno 15mila abitanti. Quindi la maggior parte della campagna vaccinale si svolgerà in territori ad alta densità demografica, dove brigate così numerose non avrebbero senso.
Poche certezze
Forse il presidente si è dimenticato di dire che le brigate saranno operative soprattutto nelle zone rurali, e questo avrebbe senso. Nelle città serve una rete capillare di centri di vaccinazione, dove la popolazione possa andare in maniera ordinata, seguendo dei turni, ed essere assistita con il minimo rischio. Occorre una strategia declinata secondo due logiche: una per le città con centri di vaccinazione allestiti in edifici pubblici, nei parchi o nei centri commerciali; e un’altra per le situazioni in cui i pazienti devono essere raggiunti dalle brigate. Nel primo caso bisognerebbe pensare a un sistema per far spostare la popolazione a orari prestabiliti verso l’unità vaccinale più vicina.
L’idea di formare brigate di vaccinazione che percorrano deserti e montagne per portare sollievo alle comunità isolate e povere ha una sua epica. Il problema è che a morire di più sono le persone che vivono e si spostano in ambienti sovraffollati. Raggiungere l’immunità di gregge è possibile solo occupandosi delle masse che affollano i mezzi pubblici, i mercati informali e i marciapiedi delle città.
Ovviamente bisogna vaccinare gli abitanti delle zone rurali, e il governo ha fatto bene a presentare un piano per occuparsi di quelle aree. Ma non ci sono informazioni sul resto della popolazione: quali documenti servono? Ci saranno dei turni? Dove ci si vaccinerà? Servono risposte, certezze, soluzioni. Il conto alla rovescia non si ferma. ◆ fr
Jorge Zepeda Patterson _ è uno scrittore e giornalista messicano. Nel 2011 ha fondato il sito di notizie SinEmbargo, su cui scrive regolarmente._
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Questo articolo è uscito sul numero 1394 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati