Donora è una piccola cittadina a cinquanta chilometri da Pittsburgh, in Pennsylvania negli Stati Uniti. Negli anni quaranta era stata una florida località cresciuta intorno all’industria dell’acciaio e dello zinco. C’era molta fiducia nel futuro, così furono costruiti interi quartieri con case di cemento, scelta insolita per un paese che di solito per l’edilizia usava il legno. Nel 1948 però l’inquinamento prodotto dalle due più grandi fabbriche della città causò venti morti, problemi respiratori e malattie ad altre quindicimila persone, la chiusura delle fabbriche, poi quella delle attività commerciali e lo svuotamento della città. Oggi Donora è morente ma non morta: c’è un piccolo circolo che è diventato il ritrovo dei pochi abitanti rimasti, un consiglio comunale, un negozio gestito da un’ex cantante e ballerina, una biblioteca, qualche bambino al parco e perfino un museo dello smog per attirare i turisti. Come dice Jeanne Marie Laskas, una delle autrici di Cement city, “a volte guardare al microscopio un granello di sabbia aiuta a capire meglio il valore di una spiaggia”. Un viaggio immersivo di tre anni diventa un reportage su una minuscola porzione degli Stati Uniti che racconta tutte le contraddizioni, i danni, le frustrazioni e le speranze che rimangono vive tra le macerie del capitalismo moderno
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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati