In una scena memorabile del suo film Aprile, del 1998, Nanni Moretti guarda un dibattito in tv e si arrabbia con il principale dirigente della sinistra italiana dell’epoca, Massimo D’Alema: “Di’ qualcosa di sinistra!”, urla, mentre sullo schermo il leader della destra Silvio Berlusconi fa una lunga requisitoria contro i magistrati. È una scena molto famosa perché sintetizza lo sgomento e l’apatia della sinistra italiana di fronte all’efficacia del messaggio berlusconiano.

Di fatto, a causa del dominio ideologico del berlusconismo e dei vincoli di bilancio che pesavano sul paese, negli ultimi vent’anni il centrosinistra ha faticato molto a fare delle proposte in materia economica e sociale.

Ed è proprio su questo terreno che il 20 maggio Enrico Letta, ex presidente del consiglio e ora segretario del Partito democratico (Pd), tornato a Roma nel marzo 2021 dopo sei anni a Parigi come direttore della Scuola di affari internazionali di Sciences Po, ha lanciato la sua idea. L’obiettivo è risvegliare un dibattito sepolto da anni sull’imposta di successione e sulla giustizia tra generazioni. La proposta è al centro del suo ultimo libro Anima e cacciavite (Solferino 2021), uscito il 27 maggio.

Una ragione per tornare in Italia

L’imposta di successione era stata abolita nel 2001 dal governo Berlusconi – il presidente del consiglio di allora era anche l’uomo più ricco del paese – e ristabilita in forma molto blanda dal governo di Romano Prodi nel 2006. Questo tipo d’imposta in Italia è molto bassa. Attualmente un erede diretto non paga nulla per un patrimonio inferiore a un milione di euro e sopra questa cifra deve pagare di solito una tassa del quattro per cento.

Per gli eredi senza un legame di parentela stretto (oltre il quarto grado) la percentuale sale all’otto per cento. In altre parole in Italia l’imposta di successione è quasi nulla: nel 2020 ha fatto entrare nelle casse dello stato 429 milioni di euro (rispetto a una quindicina di miliardi all’anno in Francia). Gli italiani lo accettano di buon grado.

“Il solo paese europeo con il quale potremmo essere paragonati in questo campo è l’Ungheria, che non è necessariamente un esempio da seguire”, osserva criticamente Letta. Dalla prospettiva di un tedesco o di un francese la proposta è molto ragionevole: continua a non toccare i patrimoni fino a un milione di euro e prevede una progressività fino al 20 per cento superati i cinque milioni di euro (in Francia l’aliquota è del 45 per cento sopra 1,8 milioni). Quali sarebbero le stime per le entrate dello stato? “Circa due miliardi di euro all’anno”, osserva Letta, che vorrebbe servirsi di queste risorse per offrire ogni anno una “dote” di diecimila euro per chi ha 18 anni e ha meno possibilità economiche, almeno duecentomila persone.

“Da un anno e mezzo i giovani hanno fatto grandi sacrifici. Non dobbiamo dimenticarlo”, osserva Letta in risposta a chi, anche nel suo schieramento, tende a definire “populista” il fatto di legare le due proposte. “Qualcuno mi dice che potremmo realizzare questo progetto senza aumentare le tasse, ma aumentando il debito. E chi pagherà questo debito? I giovani di oggi”, osserva Letta. “Quando ero a Sciences Po e chiedevo agli studenti italiani se avevano voglia di tornare, mi rispondevano tutti: ‘Mi dia una ragione per farlo’. Ed è proprio a questa domanda fondamentale che voglio che il Pd dia una risposta”.

Com’era facile prevedere, la proposta di Letta sulle successioni, che lui immagina come parte di una più ampia riforma fiscale, è stata accolta molto negativamente a destra, mentre il Movimento 5 stelle ha manifestato interesse. Matteo Salvini ha definito l’idea di tassare le successioni “inaccettabile” e continua a raccomandare una riforma fiscale in senso opposto con l’adozione di una flat tax (prelievo forfettario unico) del 15 per cento sul totale dei redditi.

Mario Draghi, che guida un governo di cui fanno parte sia il Partito democratico sia la Lega, ha saggiamente spiegato che non è “il momento” di evocare misure su cui ci sono posizioni totalmente inconciliabili. ◆ adr

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Questo articolo è uscito sul numero 1412 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati