“Voglio essere una macchina”, ha detto una volta Andy Warhol. A quanto pare anche il pubblico avrebbe apprezzato. Di recente l’artista della South Carolina, conosciuto come Beeple, si è creato un folto seguito usando un programma di rendering 3d per produrre colorati e accattivanti pastiche, che ora vende come file autenticati da un tratto unico di codice. L’11 marzo una collezione dei suoi file, Everydays. The first 5000 days, è stata presentata a un’asta online organizzata da Christie’s, diventando un fenomeno delle vendite nel mondo dell’arte.
Un cripto-squalo, conosciuto come Metakovan, ha pagato 69 milioni di dollari per una serie d’immagini messe insieme indiscriminatamente che ritraggono mostri animati e scene più o meno raccapriccianti. L’acquisto è stato fatto con la criptovaluta Ether. Il collegamento tra Beeple e la speculazione digitale non è accidentale anche solo a giudicare dalle tante immagini incluse in Everydays in cui torna il simbolo dorato del bitcoin.
Edizione limitata
Benvenuti nel nuovo mondo della cultura. Un secolo fa Andrew Carnegie e gli altri usavano i patrimoni appena acquisiti per comprare capolavori del passato e finanziare istituzioni del presente. Oggi i nuovi ricchi preferiscono affidarsi ai propri sistemi, sia in campo finanziario sia in quello culturale, dove l’anarco-libertarismo delle criptovalute si unisce al cazzeggio.
Christie’s non ha venduto un oggetto, ma un “gettone non fungibile” (non-fungible token, nft). Cominciamo con qualche definizione. Il token, gettone, in bitcoinese è una serie unica di caratteri collegata a una _blockchain _(o a un database decentralizzato) che può essere trasferita e commerciata tra utenti. Mentre di solito due token equivalenti sono “fungibili”, cioè interscambiabili come due banconote dello stesso valore, un gettone “non-fungibile” ha un valore indipendente da tutti gli altri. Proprio come un’opera d’arte. L’nft produce ciò che è sempre mancato all’arte digitale: edizioni limitate.
Le immagini rimangono in circolazione. Chiunque può stamparle o proiettarle, a meno di obiezioni di Beeple, che ne conserva i diritti. Ciò che Christie’s ha venduto è un asset correlato, che può essere rivenduto o addirittura suddiviso, come tante azioni di Beeple.
Il prezzo in sé non ha nulla di scandaloso. Il mercato dell’arte è speculativo ormai da decenni, ed è passato più di un secolo da quando gli artisti hanno cominciato a vendere diritti astratti anziché oggetti, come i Monte Carlo bond _di Duchamp o le performance di Tino Sehgal. Semmai il ricorso a Christie’s e l’introduzione di una _blockchain “unica” smentiscono la teoria tecno-ottimista per cui gli nft permetterebbero di aggirare le istituzioni tradizionali. L’aura di unicità e l’avallo della prestigiosa casa d’aste servono dichiaratamente a pompare il prezzo di beni funzionalmente equivalenti ai CryptoKitty.
Se gli nft hanno portato qualcosa di nuovo nella speculazione artistica è il sorprendente costo ambientale delle transazioni blockchain. L’artista Memo Akten ha calcolato che in media un nft ha un’impronta di carbonio equivalente a un mese di consumi elettrici di un cittadino europeo. Del resto ha senso che questa forma d’arte stia letteralmente accelerando l’estinzione della vita sulla Terra.
Merita una riflessione la tendenza culturale che Beeple evidenzia. I sostenitori degli nft ripetono che un mercato decentralizzato farà fiorire la creatività oltre il mondo elitario dell’arte. Ma non è così. Già in passato i musei, le gallerie, le riviste e le scuole d’arte hanno assorbito la produzione artistica ben oltre i propri confini. Ciò che distingue le immagini digitali di Beeple dal resto dell’arte “che non fa parte del sistema” è la violenta cancellazione dei valori umani e l’euforia con cui i cripto-entusiasti assistono a questa operazione.
L’nft in questione, Everydays, comprende migliaia di immagini che l’artista ha creato, una al giorno dal 2007. Sono études, direi. Molti assegnano ai politici lo status di personaggi dei cartoni animati. Joe Biden è Buzz Lightyear di Toy story, mentre Kim Jong-un è uno dei Transformer. Inoltre vengono chiaramente rigurgitati i meme più attuali.
Ci sono foschi paesaggi marini e iceberg tecno-giapponisti per chi preferisce Final fantasy a Caspar David Friedrich. Molte delle immagini quotidiane di Beeple si basano su gag sconce che sarebbero considerate degradanti perfino per un comico da villaggio turistico. A Natale Beeple ci ha regalato Santa came early (Babbo Natale è venuto presto) che mostra un imbarazzato san Nicola a letto con la sua ragazza insoddisfatta. Visivamente molte delle immagini di Beeple imitano le fantasie gotiche giapponesi dei videogiochi. Alcune ricordano l’arte degli alienati.
Segnaletica da social network
In modo simile a KAWS, artista a cui il Brooklyn museum ha dedicato una mostra, Beeple propone personaggi Pixar, Disney, di Star wars o dei Pokémon in situazioni in passato riservate ai santi cristiani o alle divinità greche. A differenza di Kaws, che ha provato a creare un suo progetto artistico, Beeple usa questi personaggi come mnemotecnica da social network. Sono solo cartelli segnaletici nel flusso infinito d’immagini e servono per rassicurare l’osservatore spingendolo a pensare che sa cosa sta osservando, che gli piace ciò che sta osservando e che l’artista è dalla sua parte.
Anche le immagini più rivoltanti non sono una critica della cultura popolare o della società. Sono lì solo per segnalare una particolare disposizione culturale o ideologica, dove la promessa dell’arricchimento rapido insita nelle criptovalute si sposa con l’avversione adolescenziale nei confronti dell’autorità.
“Considero questo come il prossimo capitolo della storia dell’arte”, afferma Beeple, il cui vero nome è Mike Winkelmann. Probabilmente ha ragione, anche se forse sarebbe importante discutere su cosa dicano questi capitoli. Una coincidenza raccapricciante: l’artista digitale condivide il cognome con il fondatore della storia dell’arte, Johann Joachim Winckelmann, studioso dell’illuminismo tedesco che alla fine del settecento fu il primo a sistematizzare l’arte del passato.
Il suo più importante contributo fu l’idea che le opere d’arte – una scultura, un quadro o un palazzo – non siano solo oggetti belli, ma prodotti del proprio tempo che esprimono, anche senza volerlo, qualcosa del luogo e della cultura da cui provengono. Ancora oggi è una verità sacrosanta e di sicuro si applica perfettamente alle immagini di Beeple di giganti nude con la faccia di Pikachu. È la sua cultura, arretrata ma trionfante, dove i divertimenti puerili non possono essere mai messi in discussione e dove i Simpson hanno scalzato gli dei. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1401 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati