Il 7 febbraio il presidente di Haiti Jovenel Moïse ha annunciato l’arresto di 23 persone, tra cui un’ex candidata presidente, un’ispettrice di polizia e un giudice della corte suprema. L’accusa è di aver pianificato un golpe per rovesciarlo e assassinarlo. Nel frattempo la crisi politica sull’isola si aggrava. Moïse ha condiviso la notizia del presunto colpo di stato in un video trasmesso in diretta su Facebook. Lo si vede insieme alla moglie mentre sta per prendere un aereo che lo porterà a una festa di carnevale. Nel filmato spiega che gli agenti della guardia presidenziale hanno sventato un piano per destituirlo e ucciderlo. “Gli autori sono venti persone, il cui unico sogno è governare il paese senza di voi”.

I presunti cospiratori sono stati arrestati durante un’operazione di polizia durata quattro ore in una casa di Port-au-Prince. Alcuni sono stati portati via in pigiama. Il ministro della giustizia, Rocke­feller Vincent, ha detto che il gruppo voleva introdursi nel palazzo nazionale (dove lavora il presidente) e affidare il potere a un giudice della corte suprema, Yvcikel Dabresil. Una copia del discorso che il giudice avrebbe dovuto pronunciare è stata trovata nell’abitazione.

“Il piano era ben congegnato, ma è stato eseguito male”, ha dichiarato Vincent. “Non è stato altro che un tentativo di golpe”.

Gli arresti arrivano dopo mesi di tensione crescente tra Moïse e l’opposizione. Secondo gli oppositori, il mandato del presidente è terminato il 7 febbraio e gli arresti sono solo una manovra per reprimere il dissenso. Moïse, invece, sostiene che il suo mandato finirà nel 2022 (le elezioni dell’ottobre 2015 erano state annullate per irregolarità). La crisi costituzionale è esplosa mentre le attività delle bande criminali sono in aumento, con rapimenti e richieste di riscatto. Il presidente governa per decreto dal 2019, dopo aver rimosso gran parte dei parlamentari.

Il consiglio superiore del potere giudiziario, incaricato di garantire l’indipendenza della magistratura, ha espresso “profonda preoccupazione per i pericoli causati dalla mancanza di consenso politico”, e ha ribadito che il mandato presidenziale di Moïse è terminato il 7 febbraio. Finora la corte suprema aveva evitato di partecipare al dibattito. Ad Haiti non esiste una corte costituzionale che possa risolvere il contenzioso, e Moïse e l’opposizione si rifiutano di negoziare. Nella loro dichiarazione, i magistrati del consiglio superiore hanno sottolineato che lo stallo rischia di “scuotere le fondamenta del paese e mettere in pericolo la sovranità dello stato”.

In ostaggio

Il 5 febbraio l’amministrazione statunitense ha fatto sapere che sulla questione del mandato sostiene la posizione di Moïse. Lo stesso hanno fatto le Nazioni Unite e il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani, Luis Almagro. È di un’altra idea il gruppo di parlamentari statunitensi di cui fa parte il senatore democratico Patrick Leahy, presidente pro tempore del senato, che ha chiesto a Washington di appoggiare un governo di transizione ad Haiti.

Secondo Pierre Esperance, direttore esecutivo della Rete nazionale per la difesa dei diritti umani, la posizione del dipartimento di stato americano ha dato forza a Moïse.

“Il mandato presidenziale di Jovenel si è concluso a mezzanotte, e ora il governo sta usando le forze di polizia per tendere imboscate, reprimere e arrestare”, ha detto Esperance. “Moïse si sente protetto dalla dichiarazione dell’amministrazione Biden, e questo lo ha spinto a fare il suo proclama magniloquente e a ordinare gli arresti”.

Il primo ministro Joseph Jouthe e il capo della polizia di Haiti, Léon Charles, hanno reso noto che sul luogo degli arresti sono state trovate prove chiare del complotto, tra cui contanti, munizioni, un machete e sette armi da fuoco. Tra gli arrestati ci sono l’ispettrice di polizia Marie Louise Gauthier e la sorella Marie Antoinette Gauthier, ex candidata alla presidenza. Sui social network sono state pubblicate le presunte registrazioni di una conversazione tra l’ispettrice e il capo della guardia del palazzo presidenziale, Dimitri Hérard.

Da sapere
Crisi politica

◆ A gennaio del 2017 il consiglio elettorale di Haiti ha dichiarato Jovenel Moïse, del partito Tèt kale (Testa rasata), vincitore delle elezioni presidenziali del novembre 2016. Un voto precedente nel 2015 era stato annullato per brogli e irregolarità. Anche in quell’occasione Moïse era in vantaggio sugli altri candidati. Dal 2019 il presidente governa per decreto, dopo aver sciolto due terzi del senato e tutta la camera dei deputati. Così oggi ad Haiti, il paese più povero delle Americhe, ci sono undici parlamentari eletti in rappresentanza di undici milioni di abitanti. L’opposizione ha nominato l’8 febbraio Joseph Mécène Jean-Louis, un magistrato di 72 anni, presidente ad interim di un governo di transizione, sfidando Moïse. Bbc, Afp


“Queste persone avevano contattato il responsabile della sicurezza del palazzo, che aveva il compito di arrestare Moïse e facilitare l’insediamento del nuovo presidente, incaricato di gestire la transizione”, ha dichiarato Jouthe.

La vicenda del presunto golpe s’inserisce nel contesto di quella che secondo gli attivisti per i diritti umani è una manovra repressiva contro le voci critiche. Appena si è diffusa la notizia degli arresti, gli oppositori del governo si sono scontrati con le forze dell’ordine in varie città del paese.

Il giorno prima gli agenti avevano fatto irruzione in una casa di proprietà dell’ex sindaco di Port-au-Prince, Youri Chevry, per arrestarlo. Non trovandolo, gli avevano confiscato l’auto. E secondo la cognata di Chevry, che ha raccontato l’operazione su Twitter, avevano portato via anche due giubbotti antiproiettile, una fondina di pelle e circa mille gourde (11 euro) da uno zaino, e altro contante da una borsa.

Due settimane prima l’ex senatore dell’opposizione Nenel Cassy era stato arrestato durante una manifestazione di protesta. Era stato rilasciato dopo che una folla aveva bloccato le strade per impedire alla polizia di trasferirlo nel carcere di un’altra città. Cassy, che da allora si è nascosto, ha fatto sapere di essere ancora nel mirino delle autorità. Inoltre ha riferito che il 7 febbraio la polizia ha sparato candelotti lacrimogeni nella sua residenza, dove abitano i genitori.

“È una repressione brutale”, ha detto. “Ed è la polizia a farla. Ovunque ci sono gruppi armati che sparano contro la popolazione per evitare che scenda in strada a manifestare. Arrestano la gente e la giustizia non funziona. Queste persone ci hanno preso in ostaggio”.

L’opposizione si stava preparando da tempo al dopo Moïse, e di recente una coalizione aveva firmato un accordo su un periodo di transizione di due anni, guidato da un giudice della corte suprema con l’obiettivo di avviare un processo di pacificazione.

Any Levin, parlamentare democratico degli Stati Uniti ed esperto di questioni haitiane, è “profondamente rattristato” ma per nulla sorpreso che “Jovenel Moïse, nel suo presunto ultimo giorno di mandato, abbia intensificato la campagna antidemocratica arrestando in massa i rappresentanti dell’opposizione”.

Nessuna prova

“Senza avere nessuna prova che ci sia un complotto per eliminarlo, Moïse sta dimostrando quello che io e i miei colleghi abbiamo ribadito più volte: fino a quando resterà al potere non ci sarà nessuna possibilità di organizzare elezioni libere, né una reale democrazia o una dimostrazione di responsabilità da parte delle autorità”, ha precisato Levin.

Le autorità haitiane hanno dichiarato che tra le prove raccolte c’è un “protocollo d’intenti” con la firma del giudice della corte suprema. Il documento, datato ottobre 2020 e letto alla radio locale in creolo, descrive il funzionamento ipotetico del governo di transizione. Secondo il testo, da quando si è insediato nel 2017, Moïse mostra un “deficit di legittimità”, rendendo inevitabile un cambiamento.

Jean Wilner Morin, presidente dell’associazione dei magistrati haitiani, afferma che la polizia non aveva l’autorità per arrestare Dabresil. Morin è andato a far visita al giudice della corte suprema in carcere, dove Dabresil gli ha spiegato di essere stato svegliato alle due del mattino dal lancio di lacrimogeni nella casa dove più tardi sarebbe stato arrestato insieme agli altri occupanti. Morin ha aggiunto che Dabresil, pur essendo diabetico, non ha ricevuto da mangiare né da bere fino alle cinque del pomeriggio successivo, quando la sua famiglia è stata finalmente autorizzata a portargli qualcosa in carcere. “È un arresto arbitrario e illegale”, afferma Morin.

La sera del 7 febbraio, in un secondo discorso rivolto alla nazione, Moïse ha respinto le accuse di chi lo considera un leader autoritario. “Non sono un dittatore”, ha detto. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati