Quando suo marito e i suoi tre figli si sono ammalati di covid-19, Chanon DiCarlo si è presa cura di loro nella casa di famiglia a Chicago, facendo la spola tra le camere da letto al primo piano e lo scantinato, trasformato in una stanza per la quarantena. In alcuni momenti gli ha somministrato un analgesico per alleviare il dolore. Quelle poche volte che è riuscita a consultare un medico, si è dovuta accontentare di una videochiamata. “Non puoi sapere in che condizioni sono i tuoi polmoni se non fai una radiografia”, racconta DiCarlo, che ha 46 anni e lavora nel campo della musica. “Nessun medico ha controllato il respiro o il battito cardiaco dei miei figli”.
Il 5 ottobre il presidente Donald Trump, che tre giorni prima aveva annunciato di essere positivo al sars-cov-2, è uscito dall’ospedale militare Walter Reed di Bethesda, in Maryland, con un aspetto rinfrancato e ottimista. Poco dopo si è affacciato da un balcone della Casa Bianca e ha scritto su Twitter che non bisogna avere paura del virus. Ma tanti statunitensi hanno vissuto un’esperienza molto diversa da quella del presidente.
DiCarlo ripensa ai suoi tentativi disperati per chiedere dei tamponi all’inizio della pandemia, quando i test diagnostici scarseggiavano in tutto il paese. Una donna di Brooklyn ricorda il conto da quattromila dollari per le spese sanitarie del padre, che non è riuscito a sopravvivere al virus. Samuel Roy Quinn, un texano che ad aprile ha perso la madre a causa del covid-19, dice che evidentemente il presidente degli Stati Uniti dev’essere curato dai migliori medici del paese. Ma non può fare a meno di paragonare il posto dov’è stato ricoverato Trump alla struttura dov’era la madre di 87 anni. “Trump conta sulle migliori cure del mondo. Non sono sicuro che mia madre abbia avuto la migliore assistenza sanitaria possibile nella casa di riposo in cui si trovava”.
Molti sopravvissuti al covid-19, anche quelli che sostengono Trump, sono turbati dalla mancanza di compassione del presidente. Dale Grizzle, imbianchino in pensione di Rydal, in Georgia, sa che Trump voleva evitare di seminare il panico, ma non ha apprezzato il modo in cui si è espresso. Grizzle, settant’anni, ricorda il terrore e la paura di morire che ha provato durante il ricovero in ospedale. “Se fossi stato Trump probabilmente non avrei detto ‘non abbiate paura del virus’”, spiega Grizzle. “Avrei detto ‘questa malattia può essere davvero dura da affrontare’. Avrei detto ‘le persone della mia età, in determinate condizioni, possono avere problemi seri’. Di sicuro non avrei sminuito tutto in quel modo”.
Quando le tv hanno mostrato le immagini del presidente che rientrava alla Casa Bianca, il 5 ottobre, Kerri Hill era stesa nel suo letto di Galivants Ferry, in South Carolina. Osservandolo ha avuto la sensazione che non riuscisse a respirare bene, proprio come lei. Ma le similitudini tra le loro condizioni si fermavano lì. “Mi sono infuriata”, racconta Hill, 41 anni, in isolamento nella sua camera da settimane. Il marito le lascia i pasti fuori dalla porta e il figlio può salutarla solo dalla finestra. “Trump si è tolto la mascherina. Da quando si è ammalato sono passati pochi giorni. Ha rischiato di contagiare tutti”.
Hill soffriva già di problemi cardiaci. Quando è arrivata la diagnosi di covid-19, i medici le hanno somministrato grandi quantità di steroidi e antibiotici. Le sarebbe piaciuto sottoporsi a una cura sperimentale, ma non era possibile.
“Non abbiate paura del covid-19? Vallo a dire alle persone che sono morte, a quelle che hanno seppellito i familiari, a quelle che la sera guardano le sedie vuote a tavola e a quelle come me che stanno soffrendo”, aggiunge Hill, positiva da quasi duecento giorni. La donna ha ancora febbre e pressione sanguigna irregolare. Ha deciso di votare per Joe Biden alle presidenziali del 3 novembre.
2 ottobre 2020 Il presidente statunitense Donald Trump annuncia che lui e sua moglie Melania sono risultati positivi al tampone per il covid-19. Secondo le ricostruzioni, il virus che causa la malattia potrebbe essersi diffuso alla Casa Bianca durante la cerimonia in cui Trump ha nominato la nuova giudice della corte suprema. I presenti non indossavano la mascherina e non rispettavano il distanziamento. In serata Trump viene ricoverato nell’ospedale militare Walter Reed. I medici dicono che il presidente sta bene, ma poi si scoprirà che ha avuto almeno due episodi di abbassamento del livello di ossigeno nel sangue e che gli è stato somministrato il desametasone, uno steroide usato di solito nei casi più gravi. Al presidente viene prescritto inoltre un cocktail di anticorpi monoclonali e il remdesivir, un antivirale usato in modo sperimentale per trattare il covid-19.
4 ottobre Trump esce dall’ospedale a bordo di un’auto per salutare i suoi sostenitori, una decisione criticata da molti esperti sanitari.
5 ottobre Il presidente rientra alla Casa Bianca. In un messaggio su Twitter dice che si sente “molto bene” e che non bisogna aver paura del covid-19. Nel frattempo il numero di funzionari dell’amministrazione contagiati dal virus è arrivato a dieci. Inoltre risultano positivi anche due senatori, alcuni giornalisti e diversi consiglieri di Trump. The Washington Post
Pronto a ripartire
Fin dall’inizio, l’esperienza di Trump è stata molto diversa da quella degli altri statunitensi infettati dal sars-cov-2. Il presidente non solo ha potuto avere cure di primo livello ma è stato anche aiutato dai tempi del contagio. Si è ammalato sette mesi dopo l’inizio della pandemia, quando gli Stati Uniti possono ormai contare su una scorta di medicinali e i medici conoscono meglio la malattia.
Appena si è saputo che Hope Hicks, una collaboratrice di Trump, era stata contagiata, il presidente e la moglie Melania hanno fatto il tampone e hanno avuto i risultati nel giro di poche ore. Pochi statunitensi hanno avuto la stessa fortuna. A marzo le autorità di New York invitavano i cittadini febbricitanti a rimanere in casa, e a comportarsi come se fossero contagiati. Molti sono morti nel loro appartamento, da soli. Quest’estate in città come Phoenix e New Orleans le persone hanno aspettato ore prima di sottoporsi al tampone, formando file lunghe diversi isolati. Poi hanno aspettato ancora per i risultati. Spesso passavano più di due settimane. Negli ospedali del Texas del sud non c’erano abbastanza posti letto. I pazienti sono stati lasciati nelle ambulanze parcheggiate fuori dalle strutture. Una volta ricoverati, spesso sono stati sistemati su sedie reclinabili e brandine in corridoio.
Trump ha potuto sottoporsi a cure che per la maggior parte delle persone non sono disponibili. Uno di questi farmaci, lo steroide desametasone, non era usato all’inizio della pandemia. Solo in estate alcuni ospedali hanno cominciato a somministrarlo.
Il 5 ottobre Donald Trump, che ha 74 anni, ha lasciato l’ospedale Walter Reed dichiarando di non sentirsi così bene da decenni e di essere pronto a riprendere la campagna elettorale. Il suo breve ricovero e la guarigione apparentemente rapida non somigliano affatto al calvario sofferto da Clement Chow, professore di genetica di 39 anni di Salt Lake City. Di fronte alle affermazioni di Trump, Chow è andato su tutte le furie. Ricorda che quando è stato ricoverato lui non riusciva a respirare. Per giorni i medici gli hanno somministrato ossigeno. In quel momento non esistevano cure sperimentali promettenti. Solo antibiotici. L’isolamento è stato emotivamente devastante. “È la condizione più dura in cui mi sia mai trovato”. Chow è stato malato per settimane.
Prudencio Matias Mendoza ha perso il fratello a causa del covid-19 alla fine di luglio. Mendoza sostiene alcune delle politiche del presidente, ma si è arrabbiato quando ha visto Trump e i suoi collaboratori ignorare il distanziamento e l’obbligo di indossare la mascherina. “Il presidente non è dio”, dice Mendoza. “Tutti devono fare la loro parte. Questo virus è mortale”.
Ma c’è anche chi ha apprezzato il lato positivo del messaggio di Trump. Lupe Harpster, una donna di Flat Rock, in Michigan, è stata ricoverata per 28 giorni, di cui dieci attaccata a un ventilatore. Ancora oggi le basta un breve giro in bicicletta per sentirsi esausta per tutto il giorno. Ma concorda con Trump sul fatto che non bisogna permettere al virus di dominare la nostra vita. “Vedo tante persone spaventate, chiuse in casa a criticare gli altri”, racconta Harpster, 61 anni. “Non voglio vivere nella paura”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1379 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati