La sentenza della corte costituzionale ecuadoriana che il 28 aprile ha depenalizzato l’aborto in caso di violenza sessuale mi ha ricordato Sandra. L’ho conosciuta nel 2017, quando aveva 15 anni e un figlio di un anno che era anche suo fratello. Era stata cacciata dalla famiglia perché aveva denunciato il padre che la violentava, ed era stata accolta da un gruppo di donne in una casa famiglia. Prima di rimanere incinta le piaceva andare a scuola, scrivere e farsi fotografare. Poi ha perso la voglia di fare qualsiasi cosa: da adolescente piena di sogni e idee è diventata una madre incompleta. La sentenza della corte è una speranza per migliaia di bambine e adolescenti che potranno sottrarsi al destino brutale toccato a Sandra. Ogni anno in Ecuador quasi tremila bambine minori di 14 anni diventano madri. La gravidanza e la maternità forzate, come si legge nella sentenza della corte, “annullano il diritto al libero sviluppo della personalità e all’autonomia riproduttiva delle donne. Inoltre obbligano molte bambine e ragazze in età scolare ad abbandonare gli studi e a cambiare progetto di vita”.
Strada lunga
I dati citati nella sentenza per motivare la depenalizzazione dell’aborto sono terribili. Ogni giorno in Ecuador si registrano più di quaranta denunce per abusi e molestie sessuali nei confronti di bambine e adolescenti. Citando il rapporto dell’organizzazione Ecuador dice no más (L’Ecuador dice basta) e i dati del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), la corte ha segnalato che una donna ecuadoriana su dieci è stata vittima di violenze sessuali nell’infanzia o nell’adolescenza. Secondo l’Unicef , “il 65 per cento degli abusi sessuali è stato commesso da familiari o persone vicine alla vittima”.
La corte ha anche citato i dati della procura di stato, secondo cui le ragazze minori di 14 anni sono le vittime principali di violenza. È quindi comprensibile che il pensiero dopo questa sentenza vada soprattutto a loro. Presto queste bambine e ragazze potranno decidere se portare avanti una gravidanza che è il risultato di uno stupro. Dico “presto” perché prima che possano esercitare il loro diritto a decidere ci sono ancora delle procedure burocratiche e legislative da completare.
La sentenza è una vittoria, ma la lotta di migliaia di donne che da anni si battono per il diritto a scegliere non è finita. Prima di tutto, la sentenza dev’essere pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Da quel momento in Ecuador l’aborto per stupro sarà effettivamente depenalizzato. Ma poi il diritto dovrà essere regolato da una legge. In base alla sentenza della corte, il difensore del popolo dovrà elaborare e presentare in parlamento un disegno di legge, al massimo entro due mesi dalla pubblicazione della sentenza. Poi il testo andrà in parlamento, che non potrà bocciare il progetto com’è successo nel 2019.
Questa volta infatti il compito dell’assemblea non sarà votare sulla depenalizzazione dell’aborto, ma su come regolare l’interruzione di gravidanza nell’ambito dei termini stabiliti dalla corte costituzionale e raccolti nel disegno di legge del difensore del popolo. Per farlo i parlamentari avranno al massimo sei mesi di tempo. Insomma, per conoscere con chiarezza le procedure per abortire in caso di stupro dovremo con ogni probabilità aspettare gennaio del 2022.
Quando finalmente sarà approvata una legge che rispetti le indicazioni della corte costituzionale, ci saranno altre questioni da risolvere. Lo stato dovrà fare in modo che chi lavora in ambito sanitario – infermieri, medici e anestesisti – rispetti la norma e garantisca il diritto a un aborto sicuro a chiunque affermi di essere stata violentata. Solo a quel punto, quando saranno rispettati i diritti di tutte le donne che arriveranno in ospedale per interrompere una gravidanza risultato di un abuso, la vittoria potrà dirsi completa. Nel frattempo continueremo a chiedere che il diritto a decidere sia esteso a tutte le donne, non solo a chi ha subìto una violenza. ◆ fr
Isabela Ponce è una giornalista ecuadoriana nata nel 1988. Si occupa di diritti delle donne e temi ambientali. Ha fondatore dirige il sito Gk.
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Questo articolo è uscito sul numero 1408 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati