Il nome di Nadia Nencioni, morta nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, a Firenze risveglia ricordi e dolori. Lei, bambina di nove anni, è diventata una vittima della mafia nell’attentato di via dei Georgofili dove sono rimaste uccise anche sua sorella Caterina, di 50 giorni, i suoi genitori Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (31 anni), e lo studente Dario Capolicchio (22 anni). Quaranta i feriti. Per quella strage è stato condannato in via definitiva il mandante Matteo Messina Denaro. Il libro di Annamaria Frustaci ripercorre quei fatti, e lo fa da una prospettiva particolare, quella della piccola Nadia. Il tutto comincia quando nel 2023 un professore di nome Rocca arriva in classe e sa già che quel giorno farà una lezione particolare ai suoi studenti. Deve raccontare l’arresto, dopo una lunghissima latitanza, di Messina Denaro. Ma è proprio lì che come un folletto arriva nel racconto Nadia. E la vediamo non vittima, non morta, non rimembranza, ma viva nella sua pura essenza di bambina. Il libro ha tutti gli stilemi del romanzo di formazione, ma risulta “interrotto”. C’è il mondo adulto con le sue storture che non lascia vivere felici i bambini. E lo sgomento di chi rimane vivo che non fa respirare.

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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati