Il colpo di stato militare in Birmania del 1 febbraio, che ha portato all’arresto di Aung San Suu Kyi, del presidente e di vari esponenti del partito al governo, è stato accolto con sgomento nel paese e all’estero.

Perché l’esercito ha rovesciato un esecutivo eletto democraticamente di cui faceva parte? E perché lo ha fatto poco prima del suo secondo mandato? Ci sono molte spiegazioni plausibili, ma un aspetto finora è stato sottovalutato: il desiderio dell’esercito di proteggere il suo patrimonio e i suoi interessi economici.

Per decenni i militari in Birmania hanno accumulato ricchezze controllando la burocrazia dello stato e istituendo dei veri e propri monopoli in molti settori chiave. Il programma di riforme del governo guidato dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) minacciava d’indebolire, anche se gradualmente, questo redditizio sistema di capitalismo clientelare.

In Birmania si dice: “Tocca pure la crocchia di capelli sulla mia testa, ma non osare toccare il portafogli nascosto nella mia cintura”. Il consolidamento del governo civile, probabile dopo la vittoria schiacciante dell’Nld alle elezioni del novembre 2020, minacciava portafogli finora intoccabili.

Le riforme politiche avviate nel 2011 hanno consentito all’Nld, fino ad allora bandita, di candidarsi alle elezioni del 2015 e ottenere una vittoria schiacciante. Ma nei decenni precedenti due conglomerate di proprietà dell’esercito, la Myanmar economic corporation (Mec) e la Myanmar economic holding ltd (Mehl), avevano approfittato delle privatizzazioni per impadronirsi di aziende pubbliche a prezzi stracciati.

Inoltre i leader militari e persone a loro vicine si sono impadroniti di brevetti, terre e concessioni economiche. Anche se con le riforme dell’ultimo decennio gli investitori internazionali hanno assunto un ruolo più forte, l’esercito ha mantenuto la sua influenza economica. Attraverso le sue aziende controlla le attività e gli investimenti in settori che vanno dalla birra al tabacco, dai generi alimentari alle mine, dai frantoi al turismo, allo sviluppo immobiliare e alle telecomunicazioni.

Da sapere
Manifestazioni quotidiane

◆ In Birmania le manifestazioni contro la giunta militare continuano nonostante il divieto di assembramento e il dispiegamento di carri armati nelle principali città del paese. Centinaia di migliaia di persone scendono in piazza ogni giorno chiedendo la liberazione di Aung San Suu Kyi. Durante un’udienza virtuale, il 16 febbraio, la leader della Lega nazionale per la democrazia, agli arresti domiciliari dal 1 febbraio con l’accusa di possesso illegale di walkie talkie importati, è stata accusata anche di aver infranto la legge sulla gestione dei disastri naturali durante le elezioni. Aung San Suu Kyi rimarrà quindi agli arresti. Nella prima conferenza stampa dal 1 febbraio, il portavoce della giunta ha condannato “i disordini generati dalle elezioni fraudolente di novembre” e ribadito che lo scopo dei militari è indire nuove elezioni e restituire il potere a un governo civile. Intanto gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro i generali birmani, mentre continueranno a sostenere la sanità e altri settori per non colpire la popolazione. Il Consiglio per i diritti umani dell’Onu con una risoluzione ha espresso “preoccupazione” e chiesto il ripristino del governo eletto. Cina, Russia e Filippine si sono astenute. Il 16 febbraio l’ambasciatore cinese in Birmania, Chen Hai, ha detto che al governo di Pechino la situazione non piace e ha smentito le voci secondo cui la Cina sarebbe stata avvertita in anticipo del golpe imminente. Asia Nikkei


Per questo molte imprese straniere si sono trovate di fronte a un dilemma quando hanno cominciato a fare affari con aziende controllate dall’esercito e sono state accusate dalle Nazioni Unite e da Amnesty international di non rispettare i diritti umani.

Il primo governo dell’Nld (2015-2020) ha esitato a colpire in modo diretto o incisivo gli interessi delle forze armate, anche se l’apertura di settori chiave alla concorrenza e agli investimenti ha fatto da contrappeso. Il governo aveva intenzione di affrontare la radicata corruzione endemica, ma il suo impatto sulle aziende di proprietà dei militari è stato molto debole.

Nel novembre del 2018, però un portavoce dell’Nld ha puntato il dito contro il controllo dell’esercito su settori importanti dell’economia, dichiarando che l’apparato burocratico del governo – storicamente dominato da militari in pensione – era un enorme ostacolo per il progresso e che sarebbe stato oggetto di una riforma importante dopo le elezioni del 2020.

L’opinione
È cominciata una rivoluzione

“Il golpe doveva essere un intervento chirurgico per ribilanciare il potere dopo la vittoria schiacciante di Aung San Suu Kyi a novembre”, scrive Thant Myint U sul Financial Times.“Invece è possibile che i generali abbiano inavvertitamente innescato una nuova dinamica rivoluzionaria in un momento di intensi sconvoglimenti economici e sociali. In palio c’è il futuro del paese”. L’obiettivo dell’esercito, spiega lo storico birmano, “era riportare l’orologio al 2010 e ripetere la storia, stavolta mettendo Aung San Suu Kyi per sempre in disparte. I militari hanno promesso nuove elezioni entro un anno ma è difficile che la Lega nazionale per la democrazia (Nld) possa partecipare”. La giunta, infatti, sta cercando di montare false accuse contro il partito. “Ma non ha calcolato la voglia della gente comune di disfarsi una volta per tutte del dominio militare”. Quanto all’immediato futuro, “difficilmente le manifestazioni faranno cadere il regime militare, mentre è più probabile che ci sarà una spirale di proteste e repressione che impedirà al potere dei generali di consolidarsi. La politica si scontrerà con le altre realtà del paese: la discriminazione razziale e religiosa, il conflitto armato su base etnica, la povertà estrema, la disuguaglianza crescente e i cambiamenti climatici”. La Birmania, conclude lo storico, è sull’orlo di un cambiamento rivoluzionario, anche se è impossibile sapere che direzione prenderà. Finora la politica è stata fermata dalla gerontocrazia e dal focalizzarsi sulle elezioni e sulla costituzione. Gli organizzatori delle manifestazioni in corso dimostrano coraggio e determinazione. Sono giovani e fiduciosi, conoscono la tecnologia e sono connessi al resto del mondo. Ma per riuscire dovranno avere un programma che superi le divisioni etniche, incentrato sul problema delle disuguaglianze e sullo sviluppo. I giovani birmani hanno ricevuto una terribile eredità, che devono rifiutare. Il futuro del paese è nelle loro mani”. ◆


Il governo a guida civile ha gradualmente cominciato a demilitarizzare il paese. Un risultato fondamentale è stato, nel 2019, assegnare il dipartimento per l’amministrazione generale ad autorità civili. Questo dipartimento, che prima faceva parte del ministero dell’interno a sua volta controllato dall’esercito, è definito la spina dorsale del governo della Birmania, perché nomina i funzionari governativi in tutto il paese. La resa dell’esercito su questo tema ha colpito molti. Era un segnale che la morsa dei militari sull’amministrazione del governo e sul clientelismo, che gli consentiva di accumulare ricchezza e di proteggerla, si stava allentando.

Un altro risultato è una serie di modifiche alla legge sulle pietre preziose che minacciava aziende di proprietà dell’esercito, che dal rischioso settore delle miniere di giada ha tratto molti profitti. Non sappiamo cosa avesse in mente l’Nld per questo settore né quando prevedeva di affrontare riforme significative, ma di certo i militari temevano un controllo sempre più forte da parte delle autorità civili.

Etica degli affari

Il colpo di stato ha aumentato le pressioni sulle aziende internazionali perché prendano posizione, in particolare quelle che hanno accordi diretti con l’esercito.

La decisione della multinazionale giapponese Kirin di smettere di collaborare con un’azienda di proprietà delle forze armate è un segnale importante.

Se la situazione in Birmania dovesse peggiorare, è probabile un ritorno delle sanzioni commerciali internazionali, ma è difficile che le aziende nei paesi vicini si lascino influenzare.

Mentre in Birmania la disobbedienza civile si rafforza, non è ancora chiaro se il colpo di stato militare avrà successo. Ciò che è chiaro è che la lotta per la democrazia nel paese è anche una lotta contro il capitalismo clientelare dominato dall’esercito. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati