Cosa resta della memoria dopo ottant’anni? Nel 1945 in Europa finì la seconda guerra mondiale. Cosa significa ricordarla? Presto la generazione che ha vissuto quella guerra sarà del tutto scomparsa. E i ricordi del conflitto, delle sue cause e dei suoi orrori non possono essere passati a qualcun altro come un testimone in una staffetta.

 Quarant’anni fa si parlava dell’8 maggio (giorno della resa del regime nazista) come del “giorno della liberazione”: “L’8 maggio 1945 ci ha liberati tutti dal violento dominio nazionalsocialista”, disse l’allora presidente della repubblica federale tedesca Richard von Weizsäcker. “Ma non dobbiamo separare quel giorno dal 30 gennaio 1933”, data della presa del potere dei nazionalsocialisti.

 I tedeschi hanno compreso che la sconfitta della Germania di Hitler è stata una liberazione dalla tirannia. Ma quanto è ancora condivisa questa lezione? Frank-Walter Steinmeier, l’attuale presidente della repubblica tedesca, ha qualche dubbio. Cinque anni fa, per il settantacinquesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ha tenuto nella sede dell’ente nazionale per la memoria della shoah di Gerusalemme, Yad Vashem, un discorso pacato: “Sì, noi tedeschi ricordiamo. Ma a volte mi sembra che capiamo meglio il passato del presente”. Poi ha aggiunto che antisemitismo e razzismo si stavano di nuovo diffondendo come se non fosse già successo in passato.

Un nuovo governo

 

◆ Il 2 maggio 2025 l’ufficio federale per la difesa della costituzione (i servizi segreti interni) ha reso noto un rapporto che definisce il partito Alternative für Deutschland (Afd) “un’organizzazione di estrema destra” e “incompatibile con l’ordine democratico”.

◆ Alle elezioni anticipate del 23 febbraio l’Afd aveva ottenuto 152 seggi, diventando il secondo partito nel Bundestag, il parlamento federale tedesco, per numero di seggi. Il 6 maggio Friedrich Merz, leader dell’Unione cristianodemocratica (Cdu), è stato eletto cancelliere in una seconda votazione al Bundestag dopo una prima bocciatura. Il governo, che potrebbe contare su 328 deputati, ha ottenuto 325 voti su 630 deputati. La sua elezione era considerata una formalità dopo l’ufficializzazione di un accordo di governo tra la Cdu e il Partito socialdemocratico (Spd, centrosinistra), ma nella prima votazione il candidato cancelliere aveva ottenuto appena 310 voti. La bocciatura alla prima votazione è senza precedenti nella storia della Germania del dopoguerra e dimostra la fragilità della coalizione di governo.


 Nessun pensiero è scolpito nella pietra. Oggi il leader di un partito che ha un grande seguito minimizza la bestialità del nazismo definendola una “cacca di uccello” nella storia della Germania. Questo partito non considera una “vergogna” l’Olocausto. Per la prima volta da quando la repubblica federale è stata fondata sulle macerie lasciate dai nazisti, in quasi tutti i parlamenti regionali tedeschi c’è un partito in cui l’eredità di Hitler ha ancora diritto di cittadinanza. Un partito in cui non tutti, ma molti, flirtano con le vecchie atrocità delle camicie brune.

 

In peggio

Alternative für Deutschland (Afd) è nato dodici anni fa e il suo sentimento nazionalista non fa che crescere. Alle riunioni di partito ci si entusiasma quando i crimini nazisti vengono minimizzati, gli ebrei derisi, i musulmani disprezzati e i rifugiati offesi. L’Afd ha cambiato il paese, in peggio. Non solo ha reso visibile e dicibile ciò che esisteva già in precedenza, ma ha fatto riemergere le atrocità del passato con una sicurezza, un’arroganza e una presunzione mai viste prima. A ottant’anni dalla liberazione dal nazionalsocialismo, la Germania somiglia a un ex alcolista: se ricomincia a bere, la situazione diventa pericolosa. L’indagine dettagliata dell’ufficio federale per la difesa della costituzione lo ha confermato.

Se qualcuno all’interno dell’Unione cristianodemocratica (Cdu, centrodestra) si chiedesse quando e come trarre vantaggio dall’Afd o da un’eventuale collaborazione con il partito estremista, si tratterebbe a tutti gli effetti di un tentativo di liberarsi dalla liberazione. Il suo leader, Friedrich Merz, ha più volte categoricamente escluso una collaborazione con l’Afd, ma alla fine di gennaio 2025 ha accettato che al Bundestag, il parlamento federale, una mozione della Cdu sulle politiche migratorie passasse con i voti dell’estrema destra. Forse nella Cdu qualcuno potrebbe segretamente ragionare su una possibile alleanza con l’Afd: i cristiano-democratici potrebbero smentire una volta per tutte queste voci se promuovessero una procedura di messa al bando dell’Afd.

La memoria è l’inquietudine che coglie un democratico quando vede che l’Afd è il secondo gruppo per numero di seggi nel nuovo Bundestag. Difendere la memoria significa riflettere sul fatto che la liberazione non è mai un processo finito, ma deve continuamente ricominciare. Celebrare l’8 maggio significa riflettere su cosa bisogna fare affinché “ciò che è stato” non si ripeta mai più. Questa è la memoria. Si tratta di prendere sul serio la costituzione e applicare gli strumenti di liberazione che contiene. Come l’articolo 18, che regola la perdita di determinati diritti fondamentali se questi vengono piegati per combattere l’ordine democratico. Oppure l’articolo 21: “I partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti mirino ad attentare al libero e democratico ordinamento costituzionale o a sovvertirlo o a mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica Federale di Germania sono incostituzionali”.

 È il testamento politico che ci hanno lasciato i sopravvissuti alla seconda guerra mondiale e all’orrore nazista. Questo testamento va rispettato, preso sul serio. E così che si onora la memoria: questa è memoria messa in pratica. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati