Per molti DeLillo non è solo il maggior scrittore statunitense di oggi, e c’è chi dice del mondo: è il postmoderno per eccellenza, da leggere e rileggere. Ce lo fece conoscere Fernanda Pivano portando _Rumore bianco _a un piccolo editore napoletano, Pironti. Era la storia di “un’apocalisse chimica” e questo racconto ne richiama a contrasto il titolo ma con la stessa ambizione di osservare capire prevedere, la stessa fredda ansia di voler leggere nel presente i segni del futuro in azione. In tempi di fantascienza realizzata, ecco cinque banali personaggi a confronto, comunissimi intellettuali da teatro da camera di cui il più giovane è il solo a cercar di capire un pessimo oggi, forte del magistero di Einstein. DeLillo ci ricorda l’assoluta precarietà del mondo che, consenzienti, _das Kapital _ci ha costruito addosso per meglio imprigionarci. All’improvviso, mentre sta per cominciare la frivola cerimonia assoluta del super-match di football, tutte le tecnologie, le più vecchie come le più nuove, tutte, misteriosamente si tacciono, e si resta soli di fronte a un silenzio che le nostre chiacchiere non possono riempire, ormai impreparati a ragionare davvero, a guardare le cose in faccia, a reagire. Piccolo capolavoro perfettamente odierno, _Il silenzio _è un racconto che resterà, ma solto se ci sarà ancora un futuro, e DeLillo sembra, con noi, dubitarne. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati