Mentre continua il massacro a Gaza e si assiste con poca speranza alla ripresa di trattative internazionali, ci si chiede perché non si riesca a uscire dal conflitto israelo-palestinese. Una risposta solida e articolata la dà lo storico e diplomatico francese Jean-Pierre Filiu. Secondo lui, nel combattere i palestinesi, Israele ha sempre avuto tre punti forti: la solidarietà, che gli è stata manifestata da prima della nascita dello stato ebraico, di una parte importante del mondo cristiano, ossia gli evangelici sionisti; il peso politico dei movimenti e dei partiti favorevoli all’occupazione sostenuto da una legge elettorale (sistema proporzionale puro a circoscrizione unica) che agevola le coalizioni; e la “politica del fatto compiuto” che consiste nel giustificare a posteriori le azioni dirompenti. Specularmente, i palestinesi hanno sempre avuto tre punti deboli: la sostanziale mancanza di solidarietà del mondo arabo, nonostante le apparenze; la divisione in fazioni interne che ha preso forme diverse senza mai scomparire; e il “doppio standard”, ossia la difficoltà dell’opinione pubblica internazionale di ammettere che Israele compie crimini di guerra. Tutti e sei questi elementi hanno acquisito un’ importanza ancora più forte dopo il 7 ottobre 2023 e, come è sempre avvenuto, la loro compresenza non potrà apportare né pace né sicurezza per nessuno. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1610 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati