La storia, da tragedia, si ripete in forma di karaoke. Non potevamo prevederlo. Da quando Conchita Wurst, con barba e tailleur, s’impose sulla scena delle canzonette, i sonni di Putin non mancano di generare mostri. Per proteggere i cittadini dai watt “fluidi e perversi” dell’Eurovision, la nuova cortina di ferro si dota del fenomeno che la fisica definisce interferenza distruttiva, per cui un suono ne annulla un altro. Lo show si chiama Intervision, invenzione sovietica degli anni sessanta, e risposta – non sempre fortunatissima – del patto di Varsavia al contest europeista. Il progetto sta per risorgere, il debutto è annunciato per il prossimo autunno e il regolamento parla chiaro: alla prima bandiera arcobaleno, tutti in Siberia. Con la sorella occidentale, Intervision condivide l’ipocrisia di non ammettere canzoni ideologiche, laddove tutto lo spirito della manifestazione è squisitamente politico. In una gara, che presumo piena di nostalgiya e Al Bani, figureranno artisti dei paesi amici, inclusi quelli nuovi come gli Stati Uniti, e il debutto del televoto. Ai tempi di Brežnev non c’erano abbastanza telefoni, e al pubblico veniva chiesto di esprimere il proprio gradimento accendendo o spegnendo la luce di casa. Il Politburo della compagnia elettrica sovietica misurava i picchi di consumo e proclamava il vincitore. Perché, come insegnava il direttore artistico Iosif Stalin, “non è importante chi vota, ma chi conta i voti”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1621 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati