Tre telecamere che non diano troppo nell’occhio, microfoni ben piazzati, il tribunale di Minneapolis come set. Court tv, il canale statunitense specializzato in processi e saghe legali si è aggiudicato la diretta del caso Derek Chauvin, l’agente che lo scorso maggio uccise George Floyd. Per il Minnesota è la prima volta che un giudice autorizza l’ingresso della tv in aula. L’ha fatto per tre ragioni, stando alla decisione: aprire virtualmente i tribunali alle persone costrette a casa, dare loro maggiore trasparenza sul sistema giudiziario e fornire tutte le informazioni necessarie per farsi un’idea equilibrata. Il problema rimane la diretta, l’intreccio in tempo reale tra i lavori processuali e l’eco dell’opinione pubblica. Il canale ha un precedente importante, che gli scettici usano come argomento: O.J. Simpson. Il suo processo, che terminò con l’assoluzione, appassionò per otto mesi un pubblico sterminato, che secondo molti determinò le scelte di testimoni, avvocati e procuratori (e non c’erano i social). Court tv rassicura usando l’alibi della sobrietà, promette di non riprendere in volto i testimoni e sbandiera la missione: “Dare alle persone un posto in prima fila davanti alla giustizia”. Intanto a poche ore dall’inizio il giudice ha dovuto fermare i lavori per la rottura di una telecamera, invitando i tecnici, presumo, a esporre il cartello: “Ci scusiamo per l’interruzione. Il programma riprenderà il prima possibile”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati