Un festival estivo (o primaverile) senza birre alla spina né kebab unti né accampamenti di tende nel fango, ma con spettatori mascherati seduti sulle sedie o sulle gradinate, che seguono un percorso preciso per andare al bagno e si astengono da ogni tipo di effusione può ancora definirsi un festival estivo (o primaverile) o è solo un ossimoro? Il dilemma riguarda una miriade di eventi in Francia, dopo che il 18 febbraio il governo ha stabilito le nuove regole per gli eventi dal vivo, che potranno cambiare a seconda della progressione dei contagi.
La ministra della cultura Roselyne Bachelot aveva annunciato che nel 2021 ci sarebbero stati di nuovo dei festival. Ma all’entusiasmo è seguita la doccia fredda: il limite quotidiano di spettatori ridotto a cinquemila, per di più seduti. Un’eresia per chiunque abbia mai frequentato uno di questi festival. Il cui modello economico, per di più, indicizzato sull’aumento frenetico dei compensi degli artisti e dei costi fissi (infrastrutture, sicurezza eccetera), può essere redditizio solo con la vendita di decine di migliaia di biglietti, ettolitri di bevande e così via.
Fantomatici test
Di fronte a una situazione considerata ingiusta, se non discriminatoria, la resistenza ha cominciato a prendere forma. Alcune settimane fa si era parlato di organizzare a Parigi e a Marsiglia dei concerti-test sulla base di protocolli scientifici precisi e rigorosi, per dimostrare che gli eventi di musica dal vivo non creavano dei focolai. Cinquemila cavie sarebbero state obbligate a sorbirsi l’ascolto del gruppo Indochine all’AccorHotels Arena e a sottoporsi a controlli sanitari prima e dopo. Ma all’annuncio non sono seguiti i fatti.
Intanto il 27 marzo è stato fatto un esperimento simile a Barcellona con il quartetto pop Love of Lesbian. Dopo lo spettacolo il pubblico è stato testato, ironia della sorte, in tre discoteche della città trasformate in ospedali da campo per l’occasione. Prima del concerto al palau Sant Jordi tutto il pubblico è stato controllato e obbligato a indossare una mascherina ffp2, non proprio l’ideale per favorire l’esultanza delle folle.
All’inizio di marzo 21.418 persone hanno risposto a un questionario del festival Les Eurockéennes di Belfort. Tre quarti degli intervistati si sono detti contrari all’idea di assistere all’evento seduti, senza poter mangiare né bere; la stessa quantità era disposta a indossare tutto il tempo la mascherina e quasi altrettanti (il 69 per cento) a presentare i risultati di un tampone per la diagnosi del covid-19.
L’ultima iniziativa è del 23 marzo, quando una coalizione eterogenea di festival (Beauregard, Lollapalooza, Main Square, Interceltique de Lorient, Ososphère, Peacock Society e altri) si è riunita sotto l’hashtag #Deboutlesfestivals per bombardare i social network di foto dei luoghi degli eventi deserti. Una supplica accompagnata da un ultimatum: “Gli organizzatori si appellano un’ultima volta al ministero”, ha scritto Aurélie Hannedouche del sindacato delle musiche attuali, che conta 500 iscritti tra cui 150 festival. Navigare in questa sorta d’incertezza non lascia presagire nulla di buono, ha chiarito la portavoce del sindacato: “Per le sale da spettacolo è difficile immaginare una riapertura prima di settembre, ma i festival hanno scadenze più urgenti, che richiedono risposte rapide. Altrimenti molti dovranno gettare la spugna. A febbraio la ministra Bachelot ha chiesto di non cancellare gli eventi. Ma in quale contesto, con quali protocolli e con quali aiuti da parte dello stato?”.
Anticipando l’evidente tendenza ad annullare tutto, diversi eventi hanno già rinunciato. Tra questi le Siestes électroniques di Tolosa e altri importanti come Solidays, Hellfest e Garorock, condannati dalle loro caratteristiche. Garorock per esempio rifiuta l’idea di “snaturare” un progetto basato “sulla presenza di 50mila persone al giorno e 40mila campeggiatori”. Lo stesso vale per la 73a fiera del vino d’Alsazia di Colmar, caratterizzata da un’importante manifestazione pop nel suo teatro all’aperto, che ha preferito rinunciare: “Abbiamo fatto numerose ipotesi, ma passare da una capacità di diecimila posti a tremila seduti e distanziati significa il 70 per cento in meno di biglietti. Tutto ciò non si accompagna a una diminuzione proporzionale delle spese, che risentono dei costi legati al protocollo sanitario, peraltro incompleto”.
Meno drastici, altri organizzatori cercano invece di posticipare gli eventi nella speranza che la situazione possa migliorare, ma con il rischio di saturare un calendario già molto concentrato.
Avanti in ogni caso
Infine un altro gruppo di organizzatori, senza sconfessare la protesta, si è detto favorevole a organizzare gli eventi in scala ridotta. È il caso della manifestazione bretone Vieilles Charrues che, contro il parere del sindaco e fondatore Christian Troadec (“Resteremo in piedi”), ha pensato a un’edizione diluita nell’arco di dieci giorni e senza artisti troppo costosi (nel 2020 c’era stata la canadese Céline Dion), stravolgendo la fisionomia di un festival caratterizzato da orde di spettatori abituati a enormi raduni a base di Coreff (la birra locale).
Una perseveranza che si manifesta anche in zone molto diverse geograficamente e musicalmente, come il Midi festival di Hyères, nel sud della Francia, pronto a organizzare l’edizione 2021 a fine luglio. Per il semplice motivo che “nonostante le incertezze, ci sembra troppo difficile rinunciare anche quest’anno”, spiega il fondatore e direttore Frédéric Landini.
Puntando su un massimo di ottomila biglietti distribuiti nell’arco di tre giorni, questo festival nel sud della Francia sa che, anche con dei concerti con il pubblico seduto, i probabili danni finanziari non saranno insormontabili. Ma c’è un altro aspetto, non meno importante, che preoccupa lo staff: la presenza degli artisti. Di solito il cartellone, con una forte presenza britannica, viene deciso all’inizio di marzo, ma quest’anno sarà ultimato solo a maggio. Circolano diversi nomi (come Billy Nomates e The Lounge Society), ma è difficile muoversi in una realtà segnata dalle frontiere chiuse.
“I gruppi potranno viaggiare?”, si chiede Landini, che di fronte all’annullamento già a metà gennaio di Glastonbury (la mecca rock del Somerset, che si svolge l’ultimo weekend di giugno), si dice ottimista: “Vari festival britannici, che di solito contano su un pubblico compreso tra i cinquemila e i settemila spettatori, hanno confermato il loro appuntamento nel 2021. Di conseguenza un mercato dovrebbe esistere”.
Ma è davvero possibile immaginare di vedere i Massive Attack e i Gorillaz nel parco di Vincennes all’inizio di giugno? Per ora, nel dubbio, la prevendita dei biglietti continua. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati