Mentre si avvicina la fine delle vacanze, in Italia un nuovo aumento dei casi di covid-19 alimenta l’ostilità verso i migranti che arrivano nel paese, anche se il governo sostiene che sono solo una piccola parte del problema.

Il 23 agosto il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, ha ordinato la chiusura di tutti i centri di accoglienza dell’isola, affermando che è impossibile evitare la diffusione del virus in quelle strutture. E anche se un tribunale amministrativo (Tar) ha sospeso l’ordinanza, accogliendo il ricorso del governo e dichiarando che Musumeci non aveva l’autorità per decidere sulla questione, la sua iniziativa ha messo in luce i problemi che nascono quando i politici di destra cercano di riaccendere il divisivo dibattito sull’immigrazione in un paese già duramente colpito dalla pandemia.

A Pozzallo, una cittadina della Sicilia meridionale che ha il più alto tasso di contagio tra i migranti appena sbarcati, il sindaco di centrosinistra Roberto Ammatuna si ritrova a dover bilanciare i timori di un aumento dei contagi con il dovere morale di soccorrere i migranti in mare.

“I nostri cittadini hanno bisogno di sentirsi al sicuro e protetti, perché qui siamo in prima linea, siamo la frontiera dell’Europa”, dice nel suo ufficio affacciato sulle acque turchesi del Mediterraneo. “Nessuno vuole i migranti che sono malati di covid”, ha detto, “ma non possiamo smettere di salvare le persone in mare”.

In una sola settimana di agosto, dei circa duecento migranti in quarantena a Pozzallo, 73 sono risultati positivi. Da giugno, circa 11.700 migranti hanno raggiunto la Sicilia e il 3 per cento è risultato positivo all’arrivo o durante il periodo di quarantena che le autorità italiane gli hanno imposto all’interno dei centri. Ma a detta di Franco Locatelli, presidente del consiglio superiore della sanità, un organo consultivo del governo, il ruolo dei migranti nel portare il covid-19 in Italia è stato “minimo”.

Secondo l’istituto superiore di sanità, nelle prime due settimane di agosto circa il 25 per cento dei nuovi contagi registrati in Italia è stato causato da persone che venivano dall’estero, ma almeno la metà di queste erano italiani di ritorno dalle vacanze e stranieri che già vivevano in Italia e stavano rientrando. Secondo il ministero della salute, meno del 5 per cento dei contagi è stato causato da nuovi immigrati.

Nessuna esplosione di arrivi

L’Italia è stata uno dei paesi europei più colpiti dal coronavirus, con più di 35mila morti, prima che un rigoroso confinamento contribuisse a ridurre la diffusione dell’epidemia. Con l’avvicinarsi dell’estate le limitazioni sono state gradualmente revocate e c’è stata una nuova ondata di contagi, spesso legati alle discoteche affollate di giovani.

Oltre ai focolai scoppiati nei centri di accoglienza, il flusso stagionale di migranti diretti in Italia attraverso il Mediterraneo e dall’Europa orientale ha accentuato i timori di una più generale recrudescenza del virus. Il 22 agosto una nave che trasportava centinaia di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente, una ventina dei quali erano risultati positivi al covid-19, ha fatto il giro delle acque intorno alla Sicilia ed è stata respinta da un sindaco dopo l’altro, prima di attraccare finalmente ad Augusta, sulla costa sudorientale dell’isola.

“Stato fuorilegge! Invasione di clandestini, boom di infetti, Sicilia al collasso”, ha scritto su Twitter Matteo Salvini, leader della Lega ed ex ministro dell’interno. Il suo messaggio è stato ripreso da altri politici di destra, nonostante la Lega stia perdendo popolarità.

“Non possiamo permettere che questo paese, dopo tutti i suoi sforzi e i suoi successi nella lotta alla pandemia, si trovi in una situazione difficile a causa della mancanza di controlli”, ha detto Massimiliano Fedriga, il governatore leghista della regione Friuli-Venezia Giulia, durante una manifestazione davanti a un centro di accoglienza di Udine, da cui nove migranti erano fuggiti. Il centro, progettato per 320 persone, ne ospitava 460 ed era stato messo in quarantena dopo la scoperta di diversi casi di covid-19. Molti italiani pensano che il vero problema sia la necessità di limitare la diffusione del virus all’interno dei centri, che non sono progettati per mettere in quarantena e isolare le persone.

“Non c’è stata nessuna esplosione di arrivi”, dice Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. “Il vero problema è la complessità della gestione degli arrivi, con l’aggiunta dell’isolamento e della quarantena”. Nei centri, sei docce e sei bagni in genere sono sufficienti, afferma Carmelo Lauretta, un medico addetto al controllo delle malattie nell’area di Pozzallo. “Ma non se c’è il covid”.

Da qualche giorno, visto che molte persone stavano abbassando la guardia, il governo italiano ha imposto di nuovo il divieto di ballare nei locali notturni e nelle discoteche. Diverse regioni hanno introdotto test nei porti, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie. Ma controllare la diffusione del virus tra più di sessantamila migranti che vivono in grandi strutture sparse in tutto il paese è molto più difficile.

“I migranti che vivono in Italia rischiano più di chiunque altro di ammalarsi, perché sono segregati, vivono in condizioni igieniche precarie e in ambienti sovraffollati”, spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto italiano di studi di politica internazionale (Ispi), che si occupa di immigrazione. “Ma questo è dovuto alla segregazione, non alla loro etnia o al loro paese d’origine”.

Ai primi di agosto il virus si è diffuso in un centro per migranti a Treviso, contagiando 256 delle 293 persone che ospitava e facendone uno dei più grandi focolai di coronavirus attivi in Italia. “L’abbiamo preso tutti”, racconta Baxso Sanyang, un emigrato dal Gambia di 28 anni che, prima di contrarre il virus, divideva la stanza con altri due ragazzi risultati positivi. “Non abbiamo potuto evitarlo”.

Mario Conte, sindaco leghista di Treviso, sostiene che, considerate le condizioni del centro, la diffusione era inevitabile. “Questo dimostra il fallimento dello stato”, aggiunge. Tenere quasi trecento persone in un unico posto è “già complicato in una situazione normale”, ha detto, ma con il covid, “diventa assolutamente impossibile”. Molti migranti arrivano in Italia attraverso i Balcani occidentali, perché l’allentamento delle misure contro il covid-19 gli consente di passare dalla Grecia all’Italia, per poi dirigersi verso l’Europa del nord. I governi regionali di destra hanno chiesto a Roma di chiudere i piccoli valichi con la vicina Slovenia e rimandano indietro un numero crescente di persone. Tra i migranti che hanno cercato di entrare in Italia c’è anche Shahid Mehmood, 23 anni, pachistano, respinto in Slovenia a giugno. “Quando ho detto ai miei genitori che l’Italia mi aveva respinto, non ci credevano, perché secondo loro l’Italia non respinge. Ma con il coronavirus le cose sono cambiate”, ci dice al telefono dal campo in Bosnia dove è poi finito.

Chiunque può trasmetterlo

Anche se alcuni politici alimentano l’ostilità contro i migranti, numerosi italiani affermano di essere molto più preoccupati del fatto che alcune persone hanno abbassato la guardia nel momento in cui sono stati riaperti i collegamenti con l’estero, nonostante i test obbligatori per chi rientra da varie località. Da Pozzallo, una nave che può trasportare fino a ottocento passeggeri offre collegamenti giornalieri veloci con Malta, un paese che l’Italia considera a rischio dopo la recente scoperta di un focolaio.

“Sono più preoccupata per la riapertura dei collegamenti con l’estero e per le ragazze e i ragazzi che vanno alle feste e in discoteca senza mascherina, per scoprire pochi giorni dopo che hanno il covid”, dice Isabel Gugliotta, una ragazza di 17 anni seduta in un bar sulla spiaggia di Pozzallo.

“Perché dovrei preoccuparmi dei migranti?”, dice. “Chiunque può trasmetterlo. Dobbiamo semplicemente fare le cose in modo responsabile”. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1374 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati