L’unione tra Stephen King e Maurice Sendak, poeta dell’infanzia inquieta e magica, non è così strana poiché, come rileva lo stesso King nell’introduzione, “è quasi tutta la vita che scrivo di bambini come Hänsel e Gretel”. King parte da un’illustrazione in particolare, quella della “famigerata” casetta di pan di zenzero “che si trasforma in un volto terrificante”, vale a dire “il vero aspetto della casa, un essere demoniaco corrotto dal peccato, che mostra il suo volto solo quando i bambini distolgono lo sguardo”. Una “mostruosità celata dietro un aspetto incantevole” che per King “racchiude il segreto di Hänsel e Gretel” e di tutte le fiabe. L’immagine in questione, d’ispirazione espressionista e all’origine concepita nel 1997 per uno spettacolo teatrale, non raggiunge i livelli di quelle, dall’estetica simile, del maestro argentino Alberto Breccia (per esempio il suo Dracula del 1984) o dei maestri delle origini, tutti d’avanguardia, da Winsor McCay e Lyonel Feininger, poi tra i fondatori della Bauhaus, a Gustave Verbeek, le cui storie se rilette al contrario rivelavano un mondo nascosto terribile e inquietante. Nondimeno è ugualmente molto potente e suggestiva. Nell’accompagnare King nella favola forse più sadica e crudele di tutte, Sendak riesce infatti a dargli anche qualcosa della poesia malinconica di chi è all’opposto dei Grimm, e cioè Andersen. Ma con il lieto fine.
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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati