Ci vuole un radicale ritorno alle origini per capire dove si va, nel fumetto e non solo. Un’ottima occasione la offre la riedizione di La mano rossa, mitica prima avventura di Tex Willer, nel formato dei pocket grandi inventati da Sergio Bonelli ma riproposta in un elegante volumetto cartonato dalla stampa perfetta, nel bianco e nero originale e quasi sempre nitidissimo, benché sia del 1948. Un evento che proseguirà mensilmente con la riproposizione di tutta la serie facendone un’ottima edizione economica da libreria venduta in edicola. I disegni dal pennino finissimo di Galleppini, in arte Galep, dove è evidente l’influenza di Alex Raymond e di José Luis Salinas (Cisco Kid), rivelano la sua notevole capacità di elaborare espressioni del volto o di evocare atmosfere malgrado i tempi rapidissimi di produzione. Figlio della lezione di un gigante come Raymond – le atmosfere rimandano a Flash Gordon ma la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto quelli negativi, a Rip Kirby – il lavoro più umile di Galleppini si rivela una grande scuola di certo fumetto come arte minimalista, di lezione continua sull’economia del disegno fondamentale oggi nel graphic novel. Per i giovani lettori, analizzare la maestria nel rappresentare la galleria di volti della lunga sequenza nel saloon mediante un segno sempre mobile può essere un educativo e imperdibile ritorno alle basi.
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Questo articolo è uscito sul numero 1610 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati