L’horror di Maruo è prossimo alla metafisica di scrittori come Edgar Allan Poe o di Edogawa Ranpo, che ebbe tra le sue principali fonti d’influenza proprio Poe e di cui Maruo ha adattato titoli come La strana storia dell’Isola Panorama facendone dei veri capolavori. Quando il manga uscì in Italia, la nostra recensione fu intitolata Il paradiso del male. La sua arte in effetti si fonda sul rovesciamento di simboli consolidati il cui fine, però, è sempre di mettere a nudo le ipocrisie della psiche umana e della società. Simboli alti che, ci dice l’autore, per mezzo dei processi di manipolazione sociale diventano falsi, degli stereotipi con i quali gli esseri umani vengono controllati e falsificati. Nato in una famiglia povera, ultimo di sette fratelli e sorelle, Maruo è cresciuto con il gusto per il macabro, per il putrefatto, e con una vicinanza quasi spirituale al genere dell’ero-guru che combinava questi elementi con l’erotismo, genere che può ricordare per certi aspetti anche il teatro parigino Grand Guignol. La grande eleganza del segno grafico, della composizione di ogni immagine e delle tavole lo esprimono. Anche in questi racconti – ottima l’edizione in grande formato – si rovescia tutto, ma i veri obiettivi sono la religione oppressiva, la povertà, l’alienazione, lo sfruttamento delle donne, spesso giovani, tema ricorrente nell’opera dell’autore. Maruo è un sovversivo che rende l’orrido poesia sublime.
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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati