Durante una cerimonia funebre in casa, una donna anziana piange seduta su un sofà, degli uomini conversano mesti. Seduto al centro del sofà, centrale nella vignetta, un bambino sembra guardare verso il pavimento, forse sente che l’infanzia è andata via. Poi lo vediamo uscire di casa, una casetta di montagna un po’ atemporale, e salire sul promontorio vicino per inoltrarsi nella foresta, che ben presto si rivela oscura quanto fascinosa. Di questo piccolo viaggio iniziatico all’età adulta, che si vuole anche metafora dei dolori che attendono ogni essere umano, lasciamo che sia il lettore a scoprire le visioni incontrate dal bambino. Ma riveliamo che al suo centro c’è un’epifania che ha il sapore delle fiabe e delle parabole antiche, forse un paradiso non ortodosso rispetto alla visione cristiana. È con vero piacere che ritroviamo dopo alcuni anni lo svizzero Thomas Ott e i suoi racconti muti realizzati con una tecnica molto particolare: la carta viene impregnata di inchiostro e poi grattata con il pennino. Ott, con il segno bianco che emerge sul nero, riesce così a far emergere le sue potenti visioni dell’inconscio, di chiara marca surrealista. La serenità la si conquista dialogando con la morte, e le vignette di Ott, grandi una pagina, ravvivano la fiaba antica come esperienza mentale che prepara al mondo concreto. Un antidoto alle favole zuccherose, levigate e diseducative del cinema d’animazione statunitense.

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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati