Lo straordinario romanzo a fumetti di Vilella, qui riproposto rispetto alla prima edizione del 2009 con una qualità di stampa ben superiore, nuove sequenze e l’inserimento del colore per i quadri di Giorgio de Chirico (ridisegnati da Vilella), ci rivela che il mistero della sua pittura è sempre lo stesso, malgrado, come ricorda l’autore, la banalizzazione operata dai media dell’arte del padre della pittura metafisica (le prospettive, i manichini, i biscotti dalle strane forme, eccetera). Il tramite è un viaggio nell’inconscio e nell’arte, quest’ultima intesa come strumento rivelatore di una verità nascosta. La forma scelta è invece quella di un giallo apparente. Giallo che forse lo è veramente, talmente la realtà è ambigua se si guarda alle ombre dietro l’angolo, soprattutto nella luce diurna, quella “meridiana (che) rende vitali persino le strade deserte, le facciate dei palazzi assopiti, le statue”. La vita del pittore a Parigi, dove viene lanciato da Apollinaire e altri intellettuali, poi a Ferrara, la prima guerra mondiale, i perenni malanni psicofisici sono qui uno stato dell’anima che si fa luogo sia fisico sia mentale. Un paradosso che è normalità con de Chirico, convinto di avere poteri paranormali. Questo giallo onirico-surrealista, dove predomina una paranoia poliziesca come in tutte le opere di Vilella, è insomma lo strumento per restituire al mistero i misteri dell’arte (metafisica ma non solo).
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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati