Il titolo del 1994 qui riproposto è di grande importanza sia all’interno della produzione dell’autore sia del fumetto autobiografico e d’indagine della società. La produzione nordamericana autobiografica ha infatti la particolarità, rispetto a molti esempi europei, di proporre una riflessione profonda e non di rado disturbante sulla società partendo dal quotidiano e dall’intimo, anzi dal proprio ombelico. Il libro, incentrato sull’adolescenza dell’autore nel Canada della metà degli anni settanta, racconta di vuoti familiari, di un padre assente e di una madre che si sforza di essere presente ma che alla fine si perderà. Le nevrosi e l’impossibilità di essere autentici devasta i rapporti affettivi, non solo familiari, producendo persone anaffettive e terrorizzate dai sentimenti. Nel vivisezionare un passato doloroso, Brown lavora di pari passo sulla sottrazione narrativa e grafica. Sotto questo aspetto è centrale il segno dell’autore, un minimalismo grafico estremamente delicato e allo stesso tempo espressivo che si fonde perfettamente con il minimalismo narrativo. Il fondo è crudo, la forma delicatissima. Strutturato su microepisodi del quotidiano, con un uso acuto delle inquadrature, del montaggio – in particolare delle ellissi narrative – Non mi sei mai piaciuto è tra i primissimi romanzi a fumetti nordamericani sulle origini di una generazione finita in un vicolo cieco, un eterno presente. Quello di oggi.
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Questo articolo è uscito sul numero 1400 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati