Rodrigo Paz, 58 anni, ama presentarsi come un volto nuovo della politica boliviana, ma non lo è. Suo padre è l’ex presidente Jaime Paz Zamora (1989-93), uno dei leader principali dello storico Movimento della sinistra rivoluzionaria (Mir). Inoltre Paz è già stato consigliere, deputato e sindaco della città meridionale di Tarija, e occupa un seggio al senato. Con questa lunga storia alle spalle, il 19 ottobre Paz è stato eletto presidente della Bolivia anche se nessun sondaggio lo dava come favorito. Sotto l’ala del Partito democratico cristiano (Pdc), una sigla resuscitata per le elezioni presidenziali, Paz ha dato la caccia agli elettori che si sono allontanati dal Movimento per il socialismo (Mas) di Evo Morales. Gli è andata bene: al primo turno, ad agosto, ha avuto il 32 per cento dei voti, sei punti percentuali in più rispetto al candidato di destra Jorge Tuto Quiroga. Al secondo turno ha ottenuto il 54,6 per centro delle preferenze.
Anche se Paz non ama le attribuzioni ideologiche, possiamo considerarlo un socialdemocratico più vicino alla destra che al centro. In ogni caso, preferisce presentarsi agli elettori come un riformista moderato che vuole introdurre nel paese un “capitalismo per tutti”. Questo slogan è stato il suo cavallo di battaglia per conquistare la fiducia delle comunità indigene che, nei vent’anni di governo del Mas, hanno visto cambiare la loro condizione sociale e oggi non si sentono più rappresentate da quel partito.
Secondo l’economista e analista Armando Ortuño la vittoria di Paz è “un trionfo della Bolivia più popolare, cioè il cuore storico del Mas”. Raúl Peñaranda, direttore del sito Brújula, ha detto che “tutte le misure proposte da Paz sono pensate per i cuentapropistas, i lavoratori in proprio. Il presidente vuole portare avanti una politica di liberalizzazioni per i più poveri. La Bolivia è un paese in cui l’80 per cento dell’economia è informale, e Paz ha conquistato la fiducia degli elettori dichiarandosi un capitalista vicino ai piccoli imprenditori”. Peñaranda sottolinea che “Paz offre alle persone sfiancate dalla burocrazia la possibilità di regolarizzare la loro attività”.
Nell’evento di chiusura della campagna elettorale, a Cochabamba, Paz ha dichiarato che in Bolivia “non ci sarà più contrabbando, perché tutto sarà legale. Ridurremo le tasse per mettere fine a uno stato-catenaccio che non ci permette di importare prodotti e tecnologia”.
Ha promesso di affondare lo “stato-catenaccio” con una strategia diversa rispetto a quella dell’avversario Quiroga, che si è rivolto soprattutto ai grandi imprenditori. Ha addirittura promesso una “rottamazione” dei debiti e delle multe nell’ambito di un “piano di piccoli sussidi” che possa rimettere in moto l’economia, in recessione.
L’unica opzione
Paz è nato nel 1967 in Galizia da madre spagnola, quando il padre era in esilio per scappare dalla dittatura. Prima di tornare in Bolivia all’età di quindici anni, ha vissuto in una decina di paesi. È laureato in economia e ha completato un master in gestione pubblica all’American university, negli Stati Uniti, dove ha conosciuto María Elena Urquidi, da cui ha avuto quattro figli.
Per due anni, prima di candidarsi alle presidenziali, Paz ha visitato più di duecento centri abitati partecipando alle feste patronali e alle sfilate folcloristiche insieme ai leader sindacali. I suoi collaboratori sostengono che la mossa sia stata fondamentale per la vittoria alle presidenziali: “La gente lo ha visto, lo ha ascoltato e ha pensato: ‘Questo lo conosco, ha a cuore la gente’”.
La popolarità di Paz è cresciuta quando ha scelto come candidato alla vicepresidenza Edman Lara, un ex agente di polizia di destra molto attivo sui social media e noto per le sue battaglie anticorruzione. “Lara parla di mancanza di giustizia e abuso di potere. Dalla sua prospettiva, i potenti non sono solo gli oligarchi, ma anche i politici del Mas”, spiega Ortuño. Secondo lui, Paz e Lara hanno vinto “perché erano l’unica scelta per tutti quelli che non volevano né la destra tradizionale né un altro governo socialista”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1637 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati