“Vorrei una nonna con il rosario e poi fare tutto il contrario”: originaria di Bolzano, Anna Carol ha girato tra Germania, Regno Unito e Paesi Bassi per maturare il suo immaginario sonoro, solidamente delimitato dall’uso della lingua italiana, ma con una commistione di elettronica, rnb lento e liquido (la notevole Diversi tipi di dolore) e pop da dancefloor che spesso preferiamo associare ad altre latitudini. O meglio, Anna Carol sta in quello spazio in cui Samuele Bersani e Róisín Murphy hanno qualcosa da dirsi; la sua scrittura un po’ boreale sa facilitare una conversazione tra soggetti imprevisti ed è piena di giri di anafore che si adattano alla sua voce e ai beat di Principianti, il suo secondo disco prodotto da Federico Dragogna e con una struttura a racconto breve che rimanda a Raymond Carver. Una scrittura che si stratifica anche in un libro firmato insieme all’autrice Sonia Lisco, con le fotografie di Alecio Ferrari: i testi del disco si trovano anche in Tecniche per non imparare a ferirsi (Augh Edizioni), accompagnati dai racconti brevi di Lisco. Dato che Anna Carol rende esplicito il suo interesse per la creazione collettiva, forse ha senso citare anche l’ep di un felice principiante, Amanda di Prima stanza a destra (Sugar). Meno assertivo nella voce, che si piega al falsetto, questo artista esordiente ha un uso quasi emotional-core dei sintetizzatori, scartando le forme più concettuali per ripristinare la malinconia del dancefloor nei primi anni dieci, quando la mobilità europea per scoprire nuovi club era ancora un’ipotesi felice. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1624 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati