L’Etiopia ha annunciato che il riempimento della sua enorme diga sul Nilo, la Grand ethiopian renaissance dam (Gerd), è quasi completato e l’inaugurazione ufficiale si è svolta il 9 settembre. L’Egitto è furibondo perché sostiene che la Gerd minacci la sua esistenza, compromettendo l’approvvigionamento idrico: il 95 per cento dell’acqua dolce in Egitto proviene da questo fiume.

Ma anche Addis Abeba insiste che per l’Etiopia il Nilo è cruciale: con 126 milioni di abitanti – contro i 117 milioni dell’Egitto – il paese è diventato il secondo più popoloso dell’Africa dopo la Nigeria. Circa 60 milioni di etiopi non hanno ancora accesso all’elettricità, mentre quasi tutti gli egiziani sono collegati alla rete elettrica. Secondo il governo etiope, la sopravvivenza del paese è a rischio se tanti cittadini continuano a vivere in povertà e senza energia.

Custode, ma anche ostaggio

Questa guerra di parole mostra che il Nilo è il fiume più “politico” del mondo. Non è mai stato semplicemente una fonte d’acqua. Dalla fine dell’ottocento, quando il Regno Unito prese il controllo del lago Vittoria, è stato uno strumento dell’impero britannico, che con un trattato del 1929 concesse al Cairo la maggior parte delle sue acque e il potere di veto sui progetti a monte. Etiopia, Uganda e Sudan furono penalizzati, cosa che i nazionalisti nei vari paesi non dimenticarono.

Il Nilo Azzurro, proveniente dall’Etiopia, fornisce la maggior parte delle acque del fiume prima di unirsi al Nilo Bianco in Sudan. L’Egitto contribuisce poco alla portata del fiume, ma detiene il tratto più lungo, cosa che lo rende custode e, allo stesso tempo, ostaggio. Per questo ha ben motivo di preoccuparsi, ma la sua ossessione per le dighe appartiene al secolo scorso: oggi il vero pericolo è la demografia. Entro il 2050 nei paesi dell’Africa orientale a monte del corso del Nilo ci sarà un forte aumento della popolazione: l’Etiopia raggiungerà i 205 milioni di abitanti, la Tanzania 138 milioni, l’Uganda 106 milioni, il Kenya 95 milioni, il Sudan 81 milioni e il Ruanda 23 milioni. Complessivamente saranno il quintuplo di quella egiziana (che toccherà i 130 milioni).

I cambiamenti economici saranno altrettanto profondi. Etiopia, Kenya e Tanzania sono destinate a diventare grandi economie dell’Africa orientale, con industrie diversificate, vaste aziende agricole e bisogni energetici crescenti. Questo causerà una domanda colossale d’acqua, che sarà presa dal Nilo e dai suoi affluenti. La portata dei fiumi calerà, soprattutto negli anni di siccità. D’altro canto, dighe come la Gerd permettono di immagazzinare e rilasciare l’acqua quando serve, risparmiandola e rendendo la sua fornitura più prevedibile per gli utenti a valle. Allo stesso tempo le dighe regolano le alluvioni, assicurando un flusso più costante tutto l’anno, senza piene distruttive nella stagione delle piogge.

Forse quello di cui l’Egitto avrebbe più bisogno è proprio ciò che rifiuta con più forza. Se tutti i paesi del bacino del Nilo usassero l’acqua ai livelli attuali dell’Egitto, l’Africa orientale avrebbe bisogno di un Nilo sei volte più grande. Da questa prospettiva la sete crescente delle nazioni a monte è la maggiore minaccia per la sicurezza idrica dell’Egitto. ◆ fsi

Charles Onyango-Obbo è un giornalista ugandese, opinionista di The East African e di altri giornali keniani.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati