Gli operai dell’impianto della Toyota alla periferia di St. Louis, in Missouri, dicono che l’azienda giapponese di solito ritocca gli stipendi con aumenti tra i 25 e i 50 centesimi all’ora. Le ultime due volte, invece, sono stati di due euro all’ora. “La Toyota non fa cose simili per bontà d’animo”, spiega Paul Hohenshell, operaio con 25 anni di servizio alle spalle. Secondo lui il motivo è un altro: vuole fermare l’avanzata del sindacato United auto workers (Uaw). “È una bustarella”, afferma.

Nel 2023 lo Uaw, un sindacato del settore automobilistico fondato nel 1935, ha ottenuto aumenti record in busta paga per 146mila lavoratori degli impianti delle tre principali case automobilistiche statunitensi: la Ford, la General Motors e la Stellantis. Il risultato è stato raggiunto dopo sei settimane di sciopero. Ora ha lanciato una campagna triennale da 40 milioni di dollari per organizzare i lavoratori di tredici aziende in cui non ha mai avuto molto seguito, anche in stati ostili verso i sindacati. Una vittoria potrebbe mettere sullo stesso piano i gruppi automobilistici di Detroit e quelli stranieri, trasformando l’economia del settore negli Stati Uniti.

A maggio è prevista una consultazione nella fabbrica della Volkswagen a Chattanooga, in Tennessee, dopo che più del 70 per cento degli operai si è iscritto allo Uaw. Il sindacato, inoltre, ha avviato una campagna per il tesseramento in due impianti dell’Alabama di proprietà della Mercedes-Benz e della Hyundai. A marzo è stata annunciata una campagna nell’impianto della Toyota di Troy, in Missouri, dove 850 lavoratori producono testate per i nove impianti di assemblaggio dell’azienda giapponese in Nordamerica. Nella fabbrica il salario ha raggiunto il livello record di 31 dollari all’ora. Sono comunque paghe inferiori sia a quelle degli impianti di assemblaggio sia ai 40 dollari all’ora da poco accordati agli operai della Ford, della General Motors e della Stellantis. Secondo gli operai di Troy, la Toyota può offrire condizioni migliori, visto che è il maggior produttore di auto al mondo e che ha chiuso l’ultimo esercizio con un utile operativo di 34 miliardi di dollari.

Molte case automobilistiche straniere, tra cui la Toyota, la Volkswagen e la Mercedes, nei loro paesi d’origine hanno un personale sindacalizzato e rappresentanti dei lavoratori che siedono nei consigli d’amministrazione. Negli Stati Uniti, invece, hanno investito negli stati dove vige il principio del “diritto a lavorare”, soprattutto nel sud: le leggi danno ai lavoratori la possibilità di non iscriversi al sindacato e quindi le organizzazioni dei lavoratori hanno maggiori difficoltà a sostenersi sul piano finanziario. “Le grandi aziende e i loro lacchè politici denunciano che il modello economico del sud è sotto attacco”, ha dichiarato lo stratega del sindacato Christ Brooks. “Hanno ragione. I lavoratori del sud stanno mettendo fine allo sfruttamento della manodopera basato su salari bassi e grandi profitti”.

L’obiettivo principale dello Uaw è sindacalizzare gli impianti delle aziende automobilistiche straniere e dei nuovi protagonisti del mercato elettrico, come la Tesla e la Rivian. Il sindacato organizza le campagne di tesseramento in una fabbrica alla volta, nella speranza di raggiungere la massa critica d’iscritti necessaria per spingere un datore di lavoro a negoziare. In passato lo Uaw ci aveva già provato senza successo, perdendo referendum come quelli dell’impianto della Volkswagen di Chattanooga nel 2014 e dell’impianto della Nissan in Mississippi nel 2017. Anche l’attuale mobilitazione ha subìto delle battute d’arresto. I politici sostengono che la sindacalizzazione potrebbe scoraggiare nuovi investimenti. In alcuni casi le aziende sono diventate vere e proprie istituzioni civiche: la Volkswagen gestisce un parco accanto all’impianto di Chattanooga, mentre a Tuscaloosa, in Alabama, la Mercedes finanzia la principale struttura per concerti della città e ha contribuito alla ripresa dopo i devastanti tornado del 2011.

I sostenitori dello Uaw hanno raccontato che i dirigenti della Mercedes hanno richiamato gli operai dalle linee di assemblaggio per interrogarli sulle attività sindacali. Gli industriali dell’Alabama, inoltre, hanno affittato spazi pubblicitari per attaccare il sindacato lungo l’autostrada che collega l’impianto alla città di Tuscaloosa. In Missouri uno schermo in una fabbrica della Toyota avvertiva gli operai che “una terza parte, solo il sindacato, sarebbe autorizzata a parlare per conto vostro” e che all’azienda sarebbe stato “vietato” discutere di salari e condizioni di lavoro direttamente con i lavoratori.

Un evento storico

Gli esperti ritengono che il successo della campagna di tesseramento sarebbe l’evento più significativo nella storia del lavoro degli Stati Uniti da quando, nel 1936, i lavoratori della General Motors scioperarono in uno stabilimento di Flint, nel Michigan, fondando lo Uaw e finendo per sindacalizzare l’intera industria automobilistica nazionale. Secondo Joshua Murray, professore della Vanderbilt university esperto di sindacalizzazione del settore automobilistico, lo sciopero del 2023 “ha dimostrato che la strategia sindacale funziona e che può valere la pena di esporsi e aderire”. Michael Innis-Jiménez, professore dell’università dell’Alabama, spiega che negli ultimi tempi a Tuscaloosa il fascino di un posto lavoro alla Mercedes si è ridotto, perché gli aumenti di stipendio annuali sono rimasti indietro rispetto all’inflazione e lo stabilimento ha assunto più personale con contratti a tempo determinato. Jeremy Kimbrell, che lavora alla Mercedes dal 1999, ha detto che dopo aver letto i titoli dei giornali sugli aumenti salariali e i benefit previsti dai contratti ottenuti dal sindacato, ora i 6.100 operai dello stabilimento hanno più voglia di organizzarsi rispetto al passato.

Nello stabilimento di Troy gli operai hanno dichiarato che la loro mobilitazione è stata in parte motivata da questioni come i contratti senza tutele, che consentono alla Toyota di licenziarli in qualsiasi momento, e le temperature roventi all’interno dello stabilimento durante l’estate. Secondo molti lavoratori, inoltre, i favoritismi influenzano le promozioni e il modo in cui sono gestiti gli infortuni. Nonostante i recenti aumenti in busta paga, inoltre, i lavoratori chiedono salari più alti. Secondo James Lehman, un operaio dello stabilimento, i dipendenti dell’impianto di Troy rappresentano “per il Giappone quello che il Messico rappresenta per noi: manodopera a basso costo”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati