Alla fine del 2019, completato il suo primo anno da presidente, Jair Bolsonaro diceva di avere “difficoltà serie in molti settori” e che era “praticamente impossibile” dare conto di tutto quello che succedeva nel governo. La pandemia non c’era, ma il presidente già dimostrava di essere inadeguato al suo ruolo.
In poco tempo Bolsonaro ha dimostrato di essere il leader sbagliato sia in tempi tranquilli sia in quelli di crisi. Ha aggirato le norme per evitare di applicare le restrizioni necessarie a contenere il virus e, quando ha scoperto che le finanze del paese erano in rosso, ha detto che il Brasile era in bancarotta e lui non poteva “fare nulla”.
Attestato di sfiducia
La creazione il 24 marzo di un comitato per guidare il Brasile nella fase acuta della pandemia è l’attestato definitivo della sua incompetenza proprio nel momento dell’emergenza. È stato necessario far intervenire parlamentari e governatori per assumere decisioni importanti e limitare i deliri del presidente, di fatto esautorandolo. Un attestato di sfiducia nei suoi confronti è arrivato anche dagli imprenditori e dalla popolazione: secondo un sondaggio recente il 54 per cento dei brasiliani disapprova la sua gestione della pandemia.
Anche se ha contribuito ad aggravare la situazione sanitaria, Bolsonaro è convinto di avere ancora l’appoggio del parlamento, di attirare gli investitori e di poter recuperare popolarità per presentarsi alle elezioni presidenziali del 2022. Potrebbe perfino riuscire a ingannare qualcuno se la pandemia dovesse rallentare e l’economia brasiliana riprendersi. Politici, imprenditori ed elettori dovranno decidere se, quando arriverà la prossima crisi, vogliono sempre lui alla guida del paese. ◆ar
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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati