È quasi un paradosso. L’8 marzo i senegalesi non hanno pensato quasi per niente alla giornata internazionale della donna. La loro attenzione era monopolizzata dalla crisi politica e dalle violente proteste scoppiate dopo l’arresto, il 3 marzo, di uno dei leader dell’opposizione, Ousmane Sonko, presidente del partito Patrioti del Senegal per il lavoro, l’etica e la fratellanza (Pastef). Negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono morte cinque persone.

Paradossale è il fatto che la crisi sia scaturita da un’accusa di stupro, mossa contro Sonko da Adji Sarr, impiegata in un centro massaggi. Nella giornata dedicata alle donne ci si sarebbe aspettati che tutti si schierassero con la presunta vittima, ma nessuno ha dato credito alle sue dichiarazioni né ha mostrato compassione per lei. Si pensa infatti che la vicenda sia stata strumentalizzata da chi è al potere. Tutta la solidarietà è andata a Sonko, e l’8 marzo è stata una nuova giornata di proteste. Nessuno sa ancora cosa sia successo il 1 febbraio tra Sonko e Sarr nel centro massaggi Sweet Beauty di Dakar. Ma per l’opinione pubblica senegalese non è la cosa più importante. Il fatto che le autorità si siano schierate compattamente e senza esitazioni al fianco dell’accusatrice è bastato per vederci un tentativo di strumentalizzazione politica.

Le incertezze della pandemia

È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha fatto esplodere la rabbia dei giovani contro il presidente Macky Sall e i suoi alleati. In passato hanno già usato una strategia simile per stroncare le ambizioni presidenziali di Karim Wade (figlio dell’ex presidente Abdoulaye Wade, condannato al carcere per corruzione nel 2013) e per fermare l’ascesa folgorante di Khalifa Sall (ex sindaco di Dakar, condannato per appropriazione indebita nel 2018). Forse Macky Sall voleva mettere fuori gioco anche Sonko (arrivato terzo alle presidenziali del 2019). E i senegalesi, che nove anni fa l’avevano scelto solo per liberarsi dal suo predecessore Abdoulaye Wade, hanno detto basta.

Dalla collera dei senegalesi traspare il rifiuto di farsi imbrogliare, ma anche le frustrazioni legate alla pandemia. Tante persone abituate ad arrangiarsi con lavoretti di fortuna si sono ritrovate senza mezzi di sussistenza. Madri di famiglia che riuscivano a sfamare i figli con i guadagni di un commercio incerto tutt’a un tratto non hanno più potuto farlo. Mariti e padri hanno perso il lavoro dall’oggi al domani, e non hanno ricevuto aiuti dallo stato. Il potere senegalese, lontano dai cittadini, non è stato in grado di capirli e, di fronte alla crescente povertà, ha risposto con ostilità. In fin dei conti quello che succede in Senegal è frutto dell’arroganza e di una certa dose di avidità delle élite. È però rassicurante constatare che il popolo senegalese è ancora in grado di vigilare, cosa che non succede spesso in questo esasperante continente africano. Un continente il cui futuro questa settimana si gioca a Dakar. ◆ gim

Da sapere
Democrazia alla deriva

◆ Il 3 marzo 2021 il leader dell’opposizione senegalese Ousmane Sonko è stato arrestato per disturbo dell’ordine pubblico. Lo stesso giorno era atteso in tribunale per rispondere di un’accusa di stupro. Il suo arresto ha scatenato cinque giorni di proteste violente. Negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono morte cinque persone. Negozi, stazioni di servizio e sedi dei mezzi d’informazione considerati vicini al potere sono state saccheggiate e vandalizzate. L’8 marzo Sonko è comparso davanti a un giudice che l’ha incriminato formalmente ed è tornato in libertà. Nelle stesse ore il presidente Macky Sall si è rivolto alla popolazione invocando un ritorno alla calma e annunciando la riduzione del coprifuoco contro il covid-19. Per Jeune Afrique a scendere in piazza non sono stati solo i sostenitori di Sonko, ma anche i senegalesi preoccupati per lo stato della democrazia e, soprattutto, i disillusi della politica, “giovani che non hanno niente da perdere e che sono pronti a rischiare la vita imbarcandosi per l’Europa”. Di “democrazia alla deriva” parla anche l’economista Felwine Sarr sul sito Seneplus: “Il caso Sonko è l’espressione di una crisi profonda del nostro paese, che si vanta di essere un modello in Africa. Ma da più di dieci anni vediamo un’erosione delle conquiste democratiche”.


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Questo articolo è uscito sul numero 1400 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati