Nell’aprile 2023 due fazioni delle forze armate sudanesi, i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) e quel che restava dell’esercito nazionale, hanno cominciato a combattersi nella capitale Khartoum. In pochi mesi la battaglia è diventata una guerra di logoramento, in cui ognuno dei due schieramenti colpisce le risorse naturali del paese per avvicinarsi alla vittoria. Gli attacchi con i droni e i bombardamenti aerei si sono infatti concentrati su dighe, discariche e terreni coltivabili, con conseguenze catastrofiche. L’insicurezza alimentare e idrica è aumentata, interi quartieri sono stati distrutti e l’inquinamento ha raggiunto anche regioni lontane dai combattimenti, mettendo in pericolo la flora e la fauna locali. La distruzione dell’ambiente, o ecocidio, non è un effetto collaterale della guerra: è diventata un suo strumento.
Fin dall’inizio del conflitto l’esercito sudanese ha fatto ampio uso dei droni. Colpendo in modo rapido e direttamente nelle città, mantiene gli avversari (e le popolazioni civili) in uno stato di costante paura. In particolare ha concentrato gli attacchi in aree dove le infrastrutture erano già scarse. Nell’agosto e nell’ottobre 2024 ha lanciato attacchi con i droni a meno di duecento metri dal depuratore di Soba, a est della capitale. L’impianto ha un grande bacino artificiale per il trattamento delle acque fognarie e degli scarichi industriali. Anche se secondo vari studi il depuratore non rispetta i parametri internazionali, è l’unica infrastruttura che impedisce alle acque reflue di riversarsi nell’abitato. Secondo Ahmed Hassan Alamin, della Società di conservazione ambientale sudanese, poiché depuratori come quello di Soba hanno i sistemi necessari per rendere l’acqua potabile, danneggiarli significa renderla “inadatta al consumo umano e favorire il diffondersi delle malattie”. Alamin aggiunge che Soba non è l’unico depuratore a essere stato colpito e compromesso.
Anche se i rifiuti non sono scaricati direttamente nel fiume Nilo, alcuni video pubblicati su X nel novembre 2023 mostrano il bombardamento del ponte Shambat, a Khartoum, con le macerie che cadono in acqua. Le Rsf e l’esercito hanno inoltre preso di mira i palazzi e gli ospedali lungo le sponde del fiume. Gli ospedali, in particolare, producono grandi quantità di rifiuti tossici – uno studio del 2014 ne calcolava in media 250 chili al giorno – compresi metalli pesanti tossici e medicinali. Gli ospedali hanno risorse limitate per smaltirli, perciò solitamente li tengono al loro interno. I danni provocati agli ospedali dai combattimenti sono stati così gravi che, con ogni probabilità, questi materiali pericolosi sono finiti nelle acque del Nilo. Quattro grandi ospedali della capitale si affacciano sul fiume e tutti sono stati bombardati. Anche la fuliggine e il particolato causati dagli incendi dei grandi edifici si sono depositati nel fiume.
Fonte preziosa
Il Nilo è l’unica fonte d’acqua per la popolazione di Khartoum e per tutto il Sudan. Colpendo le sue rive e costruendo strutture militari pericolosamente vicine al fiume, le Rsf e l’esercito ne mettono a repentaglio la salute. Questo tipo di distruzione ambientale intenzionale corrisponde esattamente alla definizione di ecocidio. Anche se ne è responsabile prevalentemente l’esercito, che ha maggiori capacità tecnologiche, le Rsf compiono altri tipi di sabotaggio.
Le piene a Khartoum sono state accentuate dal danneggiamento dell’ imponente diga Jebel Aulia, a sud della capitale. Alla fine del 2024 le Rsf, che ne avevano strappato il controllo alle forze armate, hanno chiuso Jebel Aulia durante una delle inondazioni più gravi nella storia del paese. Le Rsf hanno accusato le forze armate di aver colpito ripetutamente la diga e di aver preso di mira le persone che ci lavorano. Purtroppo Jebel Aulia si trova molto vicino a una base aerea e nella zona si usano continuamente armi pesanti, senza preoccuparsi dei possibili danni all’infrastruttura. I bombardamenti l’hanno resa sostanzialmente inutilizzabile.
Gli effetti sono ad ampio raggio. Jebel Aulia fornisce acqua per l’allevamento e l’agricoltura, e questo la rende essenziale per la sicurezza alimentare. Il bacino ha una capienza di 2,3 miliardi di metri cubi d’acqua ed è molto importante per la gestione delle inondazioni. Ma non è tutto. La guerra ha aumentato l’inquinamento del Nilo, e le inondazioni riversano nelle città le acque contaminate, che dopo le piene le acque ristagnano, creando dei bacini tossici dato che contengono anche scarichi industriali e fognari. Il dissesto ambientale causa la diffusione di malattie come il colera e fa crescere il rischio che le persone bevano acqua non potabile.
L’inquinamento non è limitato all’area di Khartoum. Alla fine torna nel Nilo e da lì raggiunge l’intero paese. Le microplastiche sono un tipo di rifiuto che è aumentato molto durante la guerra. Queste particelle si trovano negli edifici residenziali e nelle fabbriche, e se ingerite possono essere nocive per gli animali e gli esseri umani. Da uno studio sulla contaminazione da microplastiche realizzato prima della guerra dall’Iniziativa del bacino del Nilo (Nbi), gran parte dell’inquinamento da microplastiche risulta avere origine a Khartoum, anche se oggi, a causa dei bombardamenti a monte e a valle del Nilo, potrebbe essere in aumento pure in altre regioni.
Una ricerca del 2023 ha analizzato i materiali tossici presenti nei pesci a valle della diga di Jebel Aulia, riscontrando che da lì uscivano sostanze alchiliche perfluorate e polifluorate (pfas), note come “inquinanti eterni”. Anche uno studio condotto in Kenya ha misurato i pfas nel Nilo, rilevando differenze nei campioni molto significative: nel 2008 la concentrazione di pfas nella tilapia era insignificante, mentre nel 2024 era di circa 0,5 microgrammi per chilo. Potrebbe sembrare un valore basso, ma anche minime quantità possono causare problemi di salute a lungo termine.
◆ Dal 4 maggio 2025 i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno ripetutamente bombardato Port Sudan, la città dove si è trasferito in via temporanea il governo militare sudanese dopo aver perso il controllo della capitale Khartoum. Gli attacchi hanno preso di mira infrastrutture chiave come l’aeroporto e i depositi di petrolio del porto sul mar Rosso, causando grandi esplosioni, racconta il sito Sudan Tribune. Port Sudan finora era rimasta al riparo dalle violenze e aveva accolto molti sfollati da altre parti del paese. ◆ Il 5 maggio la Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, ha fatto sapere di non avere l’autorità per esprimersi sul ricorso presentato dal Sudan contro gli Emirati Arabi Uniti, accusati di complicità nel genocidio in corso nel paese per la loro fornitura di armi alle Rsf. Al momento della ratifica della convenzione sul genocidio nel 1948, gli Emirati formularono una riserva sull’articolo 9, che riguarda le controversie tra gli stati. Il 6 maggio il Sudan ha rotto i rapporti diplomatici con gli Emirati.
Non è illegale
I danni all’ambiente hanno avuto conseguenze in tutto il Sudan. Da sole le inondazioni hanno causato più di centomila sfollati, distrutto più di diecimila case e ucciso almeno 69 persone, devastando tutti i terreni coltivabili delle province settentrionali. L’acqua inquinata favorisce la diffusione di infezioni come il colera, tanto che le malattie prevenibili e le intossicazioni sono ormai la prima causa di morte nel paese. Poiché nei campi profughi le strutture sanitarie sono carenti, gli sfollati sono particolarmente vulnerabili.
Anche la fauna è a rischio. Nelle aree boschive lungo il Nilo hanno il loro habitat più di 720 animali, in gran parte pesci, che sono alla base della catena alimentare. “La carenza di ossigeno dovuta all’inquinamento industriale può creare delle aree in cui i pesci non riescono a sopravvivere”, avverte Alamin. “Con il passare del tempo si crea uno squilibrio ecologico e serviranno decenni per compensarlo”. La pesca è un settore fondamentale per i sudanesi.
Sottoposti alle persecuzioni dei gruppi armati, gli ecologisti hanno dovuto interrompere il loro lavoro. Tutte le attività del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, comprese quelle per la riforestazione e l’agricoltura sostenibile, si sono interrotte nel 2020 e non sono più riprese. Oggi in Sudan l’ecocidio non è illegale, e non è neppure considerato un crimine di guerra dalla Corte penale internazionale, nonostante le sue enormi conseguenze umanitarie. ◆ fdl
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati