Nel bene e nel male l’Italia è stata più volte nel corso della storia un laboratorio politico, una culla di movimenti e idee. Dal patrimonio di istituzioni e diritto dell’antica Roma fino al berlusconismo, passando dalla rivoluzione umanista-rinascimentale e dal fascismo, in molte occasioni la penisola ha dato luce a fenomeni che hanno avuto un’ampia risonanza in tempi e luoghi diversi. Oggi speriamo che la storia si ripeta, con l’esempio della grande protesta del 3 ottobre a sostegno degli abitanti di Gaza e per i diritti umani.

Anche altrove sono state organizzate iniziative per condannare il genocidio compiuto da Israele nella Striscia di Gaza (le abbondanti prove fattuali e i verdetti di esperti autorevoli ci permettono di usare questa espressione in ambito pubblico, nell’attesa che la giustizia internazionale decida che è applicabile anche in ambito giuridico). In Spagna, per esempio, la mobilitazione in occasione della corsa ciclistica della Vuelta ha avuto una rilevanza enorme, ispirando sicuramente altre azioni nel resto del mondo. Tuttavia ciò che è accaduto in Italia raggiunge un piano diverso, con uno sciopero generale e grandi manifestazioni simultanee in tutto il paese.

I signori della notte

È importante fermarsi a riflettere sul significato di ciò a cui abbiamo assistito. Ultimamente abbiamo vissuto altre grandi proteste, come lo sciopero in Francia contro il taglio della spesa pubblica, le manifestazioni ancora in corso in Marocco e i movimenti contro le derive autoritarie in Georgia e Serbia. In alcuni casi queste proteste hanno avuto come obiettivo la difesa di valori nobili come la democrazia, ma inevitabilmente si sono mescolate a precisi interessi politici o personali. Uno sciopero per Gaza è qualcosa di diverso.

È qualcosa che riaccende le utopie, rimaste sepolte in decenni di presunta fine della storia, di riformismo avido, di realismo cinico, di individualismo patetico, di reti che dovrebbero unire ma in realtà non fanno altro che dividere, di smaniosa faziosità. Non è un caso che la grande protesta italiana sia stata attivata dai sindacati, simboli di meccanismi di intermediazione e connessioni umane tangibili, di reti solidali di resistenza. Anche i sindacati hanno commesso errori, certo, ma pur indeboliti continuano a lavorare e possono sollecitare proteste come questa. Certo, parte della protesta italiana nasce anche dall’opposizione al governo di Giorgia Meloni, ma sarebbe sbagliato interpretarla solo in questa chiave.

Recuperare le utopie, la capacità di immaginare e desiderare un futuro luminosamente umanista, di mobilitarsi per realizzarlo anche se sembrava impossibile: questi sono ingredienti fondamentali dell’antidoto contro la notte oscura che incombe su di noi.

La sfida è farsi portabandiera del futuro mentre i signori della notte sventolano la bandiera del passato. Perché tutti hanno un passato idealizzato come bandiera: Vladimir Putin rimpiange il potere imperiale dell’Unione Sovietica, Xi Jinping vorrebbe ringiovanire la Cina per portarla alla forza di un tempo, Donald Trump vuole il ritorno a un passato bianco, omogeneo e fatto di donne casalinghe. E poi c’è Benjamin Netanyahu, che sogna il colonialismo eterno. Loro hanno la notte e il passato: di solito sono uomini, anche se non mancano le donne, come Meloni, che non compie il minimo passo per riconoscere la Palestina, con una tattica deplorevole basata sulla volontà di non infastidire Trump e non “tradire” un paese che secondo lei e l’estrema destra è un baluardo contro l’assalto musulmano.

È importante appropriarsi del futuro, mobilitarsi, senza rassegnarsi di fronte al potere forte, senza sottomettersi alle fazioni, e farsi portavoce dell’importanza e dell’utilità del diritto e della giustizia. ◆ as

Andrea Rizzi è il corrispondente per gli affari internazionali del País e cura la rubrica Brújula Europea (Bussola europea).

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Questo articolo è uscito sul numero 1635 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati