Nel film Il vento ci porterà via di Abbas Kiarostami, un regista arriva in un villaggio per documentare dei rituali funebri. Lì comprende quanto il suo sguardo sia intrusivo e s’interroga sulla possibilità di rappresentare con sincerità quei riti. Lo stesso conflitto tra osservazione e autenticità attraversa la musica del trio sloveno Širom, che definisce il proprio stile “folk immaginario”. “Non vogliamo suonare qualcosa che esiste già”, dicono. Una frase insolita per dei musicisti folk, genere tradizionalmente legato alla memoria. Ma i Širom reinventano il concetto di tradizione, creando suoni che paiono antichi e moderni allo stesso tempo. Nel loro quinto album In the wind of night, hard-fallen incantations whisper più di trenta strumenti e “oggetti vari” compongono un universo inafferrabile. I brani, spesso lunghi più di dieci minuti, evocano riti e visioni. Ogni titolo sembra un incantesimo poetico. Come il regista di Kiarostami, i Širom accettano l’impossibilità di rappresentare la tradizione. E così ne creano una nuova, sospesa tra sogno e memoria.
Nathan Skinner, Beats per Minute

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati