Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha chiesto un cessate il fuoco immediato nella regione sudanese del Darfur dopo che il 20 settembre un attacco con i droni ha causato più di 70 morti tra i fedeli in preghiera alla moschea Al Safiya, ad Al Fashir. Tra le vittime c’erano anche bambini. L’attacco – il più sanguinoso da quando la città è assediata dai paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) – è stato compiuto negli stessi giorni in cui l’ufficio dell’alto commissario per i diritti umani dell’Onu ha pubblicato un rapporto che parla di esecuzioni sommarie, di combattenti che prendono di mira i civili e dell’aggravarsi delle violenze a sfondo etnico in tutto il Sudan, e in particolare in Darfur. Almeno 3.384 civili sono stati uccisi nella prima metà del 2025 ma, avverte il rapporto, il bilancio è sottostimato.
Alla fine di agosto l’Unicef ha registrato 1.100 gravi violazioni dei diritti umani ad Al Fashir, con più di mille bambini rimasti mutilati, altri rapiti o reclutati con la forza dai gruppi armati. A luglio la Corte penale internazionale ha informato il Consiglio di sicurezza che in Darfur si commettono presumibilmente crimini di guerra e contro l’umanità, con stupri e violenze sessuali usati come armi di guerra, e che i sequestri e il reclutamento forzato sono all’ordine del giorno. ◆ fsi
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Questo articolo è uscito sul numero 1633 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati