Diversi governi, soprattutto in America Latina, hanno introdotto tasse ed etichettature sui cibi ultraprocessati ad alto contenuto di sale, zuccheri, grassi e additivi artificiali. Numerosi studi associano questi prodotti a un maggior rischio di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e cancro. Con una dieta ricca di alimenti ultraprocessati si assumono in media 500 calorie in più al giorno. Ma in questa categoria, oltre alle patatine, alle bibite e alle merendine ipercaloriche, rientrano anche yogurt, pane, formaggi e alimenti per neonati. La lavorazione industriale non è di per sé un problema e in molti casi può essere un vantaggio, come per esempio la pastorizzazione del latte. Secondo Nature è necessario dare una definizione più chiara di “ultraprocessato”, per evitare effetti indesiderati nelle politiche alimentari. Mentre l’obesità è in crescita, è fondamentale garantire l’accesso a un apporto calorico adeguato anche attraverso prodotti lavorati, soprattutto nei contesti a rischio di malnutrizione. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati