Ahmet Hamdi Tanpinar (1901-1962) è stato una figura fondamentale nella letteratura turca moderna. Nonostante la sua specificità storica e culturale, L’istituto per la regolazione degli orologi è prima di tutto un romanzo comico eccezionale, che affonda in buona parte in antiche tradizioni letterarie occidentali, in particolare nella satira menippea. Le opere che rientrano in questo genere attraversano i secoli: Le nuvole di Aristofane, Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam e Punto contro punto di Aldous Huxley, per fare qualche esempio. Quello che queste opere, altrimenti diverse tra di loro, hanno in comune è il piacere di esporre i limiti della ragione umana, con particolare disprezzo per qualsiasi sistema intellettuale che cerchi di spiegare il mondo in modo completo. Accade così anche nell’Istituto per la regolazione degli orologi, in cui Tanpinar crea una premessa allegorica tanto specifica quanto sufficientemente ampia da deridere efficacemente l’intero ventesimo secolo, un secolo di sistemi, se ce ne fu mai uno. Il libro si presenta come l’autobiografia di Hayri Irdal, assistente capo dello sfortunato istituto per la regolazione degli orologi e autore di un famoso, ma ormai infamato (in quanto completamente falso) studio storico. Irdal è un uomo serio ma sfuggente, che professa continuamente la sua ignoranza, pur vantandosi dei suoi successi, e che si lancia regolarmente in digressioni che tendono a essere anche piuttosto intelligenti. “A volte mi chiedo che strane creature siamo”, dice. “Ci lamentiamo della brevità della vita ma facciamo tutto il possibile per sperperare questa cosa che chiamiamo ‘giorno’ nel modo più rapido e insensato possibile”. La morte improvvisa del suo mentore, l’imprenditore Halit Ayarci, ha dato a Irdal l’opportunità di riflettere sul corso che ha preso la sua vita – un corso che somiglia per molti versi al cammino del popolo turco verso la modernità – e ora desidera fare chiarezza su alcuni punti chiave. La commedia di Tanpinar è guidata più dai personaggi che dal linguaggio, e la sua lunga parodia parla in modo chiarissimo a chiunque abbia una vita piena di orari e scadenze – praticamente a tutti, insomma– a condizione che si possa trovare il tempo per leggerlo. Martin Riker, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati