Il 3 maggio il primo ministro australiano uscente, il laburista Anthony Albanese è stato eletto per un secondo mandato. È il primo leader negli ultimi 21 anni a vincere due elezioni consecutive, anche grazie all’avversione degli elettori australiani nei confronti del presidente statunitense Donald Trump. Un’inversione di tendenza notevole per il governo laburista, che all’inizio dell’anno era indietro nei sondaggi. Il ritorno al governo di Albanese somiglia in qualche modo alla vittoria di Mark Carney in Canada il 28 aprile. Entrambi i politici progressisti rischiavano la sconfitta contro candidati che avevano scimmiottato alcuni degli atteggiamenti di Trump, finché lo sconcerto generale per lo sconvolgimento dei mercati globali e per il fatto che il presidente statunitense ha abbandonato gli alleati tradizionali non hanno cambiato le carte in tavola.
Nel suo discorso da vincitore Albanese non ha citato esplicitamente Trump, ma è sembrato alludere al fatto che la campagna dei conservatori riecheggiava la politica trumpiana. “Non abbiamo bisogno di elemosinare, prendere in prestito o copiare niente da nessuno”, ha detto Albanese. “La nostra ispirazione non la troviamo all’estero. La troviamo qui, nei nostri valori e nella nostra gente”.
I laburisti tornano con una maggioranza rafforzata. Il partito ha ottenuto 88 seggi rispetto ai 77 del precedente mandato (servono 76 seggi per avere il controllo del parlamento). Il risultato è invece un incubo per la coalizione conservatrice, guidata dai liberali, la principale forza d’opposizione australiana che ha subìto una delle sue peggiori sconfitte. Il leader del Partito liberale Peter Dutton non solo non è diventato primo ministro, ma ha addirittura perso il suo seggio. Non era mai successo a un capo dell’opposizione. Dutton, uno spigoloso ex agente di polizia di destra, ha condotto una campagna elettorale costellata di gaffe. Ha anche cercato di fomentare guerre culturali, che però hanno lasciato freddi i molti elettori centristi australiani. Tra le sue proposte più impopolari c’era la promessa di introdurre l’energia nucleare in Australia.
Albanese potrebbe non avere molto tempo per godersi la vittoria. Il suo governo deve affrontare sfide enormi. L’Australia arranca in materia di produttività e standard di vita. Gli Stati Uniti, alleati di lunga data, hanno imposto dazi del 10 per cento sulle sue merci. Canberra dovrà rafforzare le relazioni con altri paesi per difendersi dalla volubilità statunitense. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è subito congratulata con Albanese su X: “Europei e australiani non sono solo amici, sono compagni”. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha riaffermato il suo sostegno all’Aukus, un patto di difesa tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito, dichiarando su X che “il Regno Unito e l’Australia sono più vicini che mai, il che dimostra che le amicizie a distanza possono essere le più forti”.
◆ Dopo aver cavalcato l’antipatia dell’elettorato australiano per Donald Trump in vista del voto, il 5 maggio 2025 il primo ministro Anthony Albanese ha detto di avere avuto una “conversazione calorosa e positiva” con il presidente statunitense. Washington e Canberra potrebbero partire dalle terre rare di cui l’Australia è ricca per avviare un dialogo, scrive Asia Nikkei. Secondo Peter Dean, direttore della politica estera e della difesa dello United States studies centre dell’università di Sydney, Trump potrebbe voler stringere un accordo simile a quello proposto all’Ucraina sullo sfruttamento dei minerali strategici.
Perdere l’anima
Il Partito liberale, sconfitto, ha perso la sua anima. Un tempo era considerato più affidabile dei laburisti sulle questioni economiche. Oggi gli australiani “non vedono molta differenza tra i due partiti principali” in merito alla gestione dell’economia, afferma Ian McAllister dell’Australian national university. Mentre in passato il Partito liberale proclamava di voler abbassare le tasse e limitare la spesa pubblica, durante la campagna elettorale è apparso meno interessato a entrambe le misure. In aree urbane ricche ha ceduto seggi a candidati indipendenti, conservatori su questioni economiche e progressisti dal punto di vista dei diritti. Il partito ha anche faticato a distinguersi dai laburisti in materia di immigrazione, difesa e sicurezza nazionale, temi sui quali un tempo godeva di un vantaggio indiscusso. Senza un drastico cambiamento di linea, il Partito liberale rischia di diventare politicamente irrilevante. ◆ gim
“Abbiamo assistito a una scelta decisa in favore della stabilità di fronte a una situazione economica precaria e a una grande incertezza globale. Ma i laburisti non dovrebbero prendere il risultato come un mandato per mantenere lo status quo, che ha deluso i giovani”, scrive sull’edizione australiana del Guardian Intifar Chowdhury, esperta di politiche giovanili alla Flinders university di Adelaide. Diversi analisti hanno sottolineato il peso dell’“effetto Trump” sulla sconfitta dei conservatori. “Trump si è dimostrato una kriptonite politica per gli australiani, specialmente per i giovani”, continua Chowdhury.
Problemi strutturali
“Per conservare il loro sostegno, i laburisti devono cogliere gli avvertimenti dietro il successo ottenuto alle urne”, spiega la ricercatrice. “Gli elettori giovani in particolare chiedono un’azione sui grandi problemi strutturali: crisi degli alloggi, disuguaglianza intergenerazionale, produttività in calo. E i punti deboli dei laburisti si sono visti: il governo non ha vietato le pubblicità del gioco d’azzardo; non ha fatto nulla di significativo contro la povertà; ha taciuto sulla dichiarazione di Uluru (una petizione per una serie di modifiche costituzionali per dare più voce e garanzie alle comunità indigene) dopo la sconfitta al referendum del 2023; non si è occupato abbastanza dell’Aukus (la partnership di sicurezza con Stati Uniti e Regno Unito), mentre Trump mette a repentaglio l’alleanza. Non sono problemi secondari per i giovani australiani: sono fondamentali per determinare il futuro per cui sono chiamati a votare. Il risultato delle elezioni non dovrebbe essere usato come prova che i giovani sono un blocco omogeneo progressista, o che si sono espressi a favore di un sistema bipartitico stabile. L’elettorato è sempre più fluido, disposto a oscillare a seconda del momento. I laburisti hanno saputo interpretare l’aria che tira, ma sono state le circostanze – il caos globale e l’avversione al populismo – a determinarne il successo”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati