Il nuovo romanzo enigmatico e inquietante di Anita Desai parte con Bonita, una giovane donna indiana che incontra una figura ambigua in un parco di San Miguel de Allende, in Messico. Studente di spagnolo, Bonita sta sfogliando i giornali locali quando viene avvicinata. La “sconosciuta” è anziana, eccessivamente amichevole. Afferma di conoscere la madre defunta di Bonita, che chiama “Rosarita”. Dice di averla incontrata e di essere diventata sua amica quando lei si recò in Messico per studiare arte. Bonita non ricorda che sua madre avesse mai dipinto o viaggiato in Messico. Ricorda però “uno schizzo in pastelli sbiaditi e smorti che pendeva sopra il letto di casa, raffigurante una donna seduta su una panchina – e sì, poteva proprio essere qui a San Miguel – con un bambino che giocava nella sabbia ai suoi piedi”. Scritto in seconda persona, il romanzo descrive il divario che può esistere tra una madre e sua figlia, e quello schizzo a pastello dimenticato e poi ricordato è una sottile mise en abyme che allude anche all’instabilità della memoria e ai confini sempre porosi tra passato e presente. Questo è un romanzo di profonda indagine filosofica che riflette sugli enigmi della mente e del sé, sui confini tra fantasia e realtà e, in ultima analisi, sulla possibilità che una persona possa davvero immaginare e comprendere pienamente la vita di un’altra.
Yagnishsing Dawoor, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati