Mendicare è la loro vita. O ciò che ne resta, qualche metro di marciapiede nel quinto arrondissement di Parigi, giornate di freddo e di fame e quelle ossessioni che li crocifiggono. “Siamo dei barboni e basta, non c’è bisogno di nascondersi dietro parole più gentili come senza fissa dimora” . Ciò che gli resta è ciò che li lega: il narratore di vent’anni, in strada da quando la sua famiglia si è dissolta, ricco solo di questa frase che sua madre gli sussurrava: “I miei occhi vedono solo te”; Tamas, il rom della rue Cujas, il tipo che non si arrende mai e non abbassa mai lo sguardo di fronte al disprezzo; Moussa, il nero della rue de l’Estrapade, la cui miseria tocca meno di quella del vecchio Philippe sulla grata di ventilazione del Panthéon. Philippe ama leggere, piace alla gente, “dà una bella immagine della miseria”. Max De Paz, con talento scintillante, ad appena 22 anni, racconta la vita di questi uomini nella loro verità nuda e cruda. Scrive in modo tagliente e descrive con forza questa condizione disumana. E lo fa con un po’ di umorismo per salvarsi. L’autore lancia in faccia ai passanti e ai lettori la loro buona coscienza quando danno una moneta. De Paz si rivela un romanziere esaltante quando immagina l’incontro del narratore con una donna dalla dolce follia. Le due anime si scaldano, s’infiammano come pietre focaie, insieme si ridanno forza e reclamano la loro parte. La fine di questo romanzo d’esordio è sublime, la prova di un grande scrittore in divenire.
Olivia de Lamberterie, Elle
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati