Nel 2023 un’élite politica ed economica che molti guatemaltechi chiamano “il patto dei corrotti” ha cercato di bloccare l’insediamento alla presidenza del paese del socialdemocratico Bernardo Arévalo, eletto a sorpresa ad agosto di quell’anno. A quel punto migliaia di persone delle comunità native sono scese in piazza nelle città principali del paese. Alla fine le manovre per impedire l’insediamento di Arévalo sono fallite. Ma oggi le stesse persone che hanno aiutato il presidente a ottenere il potere stanno perdendo la pazienza.

Arévalo è un ex diplomatico con un talento per la mediazione. In campagna elettorale aveva promesso una “nuova primavera” per eliminare la corruzione che sta mettendo radici in Guatemala. Anche le comunità native hanno un posto di grande rilievo nel suo programma. Gli indigeni rappresentano il 44 per cento della popolazione del Guatemala e spesso vivono in povertà. Arévalo ha rafforzato le istituzioni governative che si occupano della popolazione nativa. Inoltre ogni mese partecipa a una tavola rotonda formale con i leader indigeni e sta cercando di rimuovere gli ostacoli legali per gli investimenti pubblici sulle loro terre.

Ma in realtà molti si aspettavano un cambiamento più profondo e rapido. In una lettera inviata il 30 gennaio 2025, un gruppo di nativi indigeni che vive nella regione montuosa di Solalá ha invitato Arévalo a rimuovere alcuni funzionari corrotti che sono in carica da anni. “Vorremmo che fosse più coraggioso, che mostrasse gli artigli”, sottolinea la leader nativa Dina Juc. Secondo Sonia Gutiérrez, parlamentare indigena, l’esecutivo non ha messo a punto un piano adeguato.

La bacchetta magica

Arévalo non ha avuto vita facile. María Consuelo Porras, la procuratrice generale che nel 2023 aveva guidato l’azione per impedire il suo insediamento, è ancora in carica e ha provato a cancellare l’immunità che spetta al presidente. Porras ha ricevuto sanzioni internazionali per corruzione, anche se si dichiara innocente.

La squadra di Arévalo ha inviato alle procure circa 250 denunce formali per corruzione, che nel 20 per cento dei casi sono state archiviate o rigettate. Il governo spesso non riesce a rimuovere dall’incarico i funzionari accusati di comportamenti sospetti. Secondo Julio Flores, capo della commissione nazionale del Guatemala contro la corruzione, il problema è che le istituzioni non sono indipendenti. Arévalo è osteggiato dall’intero potere giudiziario, non solo dalla procura generale. Inoltre in parlamento il suo partito controlla una minoranza ristretta dei seggi. Dunque è inevitabile che un cambiamento profondo richieda molto tempo.

Per il governo alcuni atti simbolici sono importanti: Arévalo spera che il dialogo con le comunità indigene aiuti a capire che non possono più essere ignorate. “In questo paese si pensa che il presidente abbia una bacchetta magica con cui risolvere i problemi”, dice Ana Glenda Tager, responsabile del dialogo con le comunità indigene. “La verità è che Arévalo ha trovato un paese allo sbando”.

Quando si è insediato, a gennaio del 2024, il suo indice di popolarità era del 78 per cento. Oggi la percentuale si è dimezzata e molti lo definiscono un presidente tibio, tiepido. Quando il governo ha approvato una legge che obbligava gli automobilisti ad avere un’assicurazione, almeno nove gruppi indigeni si sono opposti e alcuni camionisti hanno bloccato le strade. Arévalo ha fatto marcia indietro in due giorni. I 48 cantones de Totonicapá sono uno dei gruppi indigeni che nel 2023 sono scesi in piazza per sostenere Arévalo. Per Juan Pablo Ajpacajá Barreno, leader dell’organizzazione, “la primavera promessa non c’è mai stata”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati